2003 USA

Un viaggio nelle Ere della Terra

16 – 08

Colore dello zaino, colore della tenda, come sarai vestita, quali scarpe, che cibo porterai, quanti litri di acqua …? Hai già affrontato dei deserti prima d’ora ? Queste alcune domande dell’infinito questionario che sto compilando al posto di controllo di North Rim, la riva Nord del Grand Canyon negli Usa.

Siamo alle porte del parco nazionale del Grand Canyon ed io sto chiedendo il permesso per effettuare l’attraversamento del medesimo dalla riva Nord alla riva Sud.
Come la Ranger mi fa osservare, compiere la traversata in soli due giorni è un’impresa molto dura che loro sconsigliano, ma io non posso e non voglio cambiare l’itinerario che ho pianificato per non intralciare gli altri compagni. Se voglio andare devo assolutamente compiere l’attraversamento in due giorni. E poi le guide dicono che è possibile con un buon allenamento ed una certa grinta…
Per arrivare alla sponda Sud dovrò percorrere 25 Km e quasi 1800 m. di dislivello in discesa il primo giorno e 14 Km e 1400 m. di dislivello in salita il secondo giorno. Dovrò portare la tenda e tutto l’occorrente per dormire poiché al Phantom Ranch non c’è posto, anche un pò di cibo nonché il “consigliato” gallone d’acqua da bere.
Sono sola, nessuno dei miei ha voluto farmi compagnia e tutta questa serie di domande e l’aria un po’ perplessa della Ranger che mi guarda come per valutare se ce la farò mi mette a disagio. E poi cosa gliene frega se ce la farò o meno: infatti mi hanno fatto firmare che qualsiasi cosa succederà sarò io a pagare eventuali soccorsi.
I miei compagni di viaggio, solo 4, hanno detto di non avere problemi a trasferirsi senza di me da Nord a Sud, ma ora che realmente sto chiedendo il permesso, mi sembrano contrariati. Fortunatamente tutta questa lunghissima burocrazia è nella pausa pranzo e mentre loro si preparano panini al pomodoro e tonno io compilo questionari, do la mia carta di credito (il permesso ed il campeggio costano 15 Dollari), l’indirizzo, il numero di passaporto, il telefono di quelli a cui telefonare in caso di incidente ….. insomma la rottura sembra non finire mai.
Dopo circa 40’ di incartamenti ecco che dalla stampante del computer esce il famigerato talloncino, il sacro permesso che sotto la mia responsabilità mi permetterà di attraversare il Grand Canyon pernottando nel Bright Angel Camp sulle rive del Colorado. Esco dal Visitor Center con il foglietto in mano; i miei compagni hanno finito il pranzo e si può partire alla scoperta di North Rim.

La giornata è a tratti piovosa e nel pomeriggio ci accontentiamo di percorrere a piedi la passeggiata che collega vari punti di vista sul Canyon. Alle 17 Antonio dopo vari tentennamenti ed esami di coscienza decide di aggregarsi nella traversata, ma …. siamo al Visitor alle 17.10, troppo tardi, e l’ufficio preposto è ormai chiuso !
Come se non bastasse al Lodge, dove avevamo miracolosamente trovato due bungalow liberi, hanno il computer in panne e quindi, pur avendo piena disponibilità, sostengono di non poterci affittare le stanze. Ripieghiamo così sul campeggio dove, anche se è tardi, riusciamo ad aggiudicarci una piazzola per i soliti 12 Dollari per 5 pax: anche questa sera in tenda!
Ma il campeggio è piuttosto lontano dalla partenza del trek così mi metto d’accordo con due simpatici ragazzi svizzeri nostri vicini di piazzola che, guarda caso, domani alle 6 andranno proprio alla partenza del Kaibab Trail. I miei compagni, svincolati dal mio orario, saranno liberi di partire quando loro aggrada, ci rivedremo dopodomani alle 12 al Bright Angel Lodge sulla riva Sud.

17 – 08

Alle 5.30 mi sveglio, smonto la tenda, alle 6 parto con gli Svizzeri.
I miei stanno già anche loro smontando, probabilmente hanno deciso di seguire i consigli della Ranger che ci aveva raccomandato di partire prestissimo sia che volessimo affrontare la traversata, che la più breve gita alle splendide Roaring Springs.
Questa mattina c’è nebbia e mentre in auto ci avviciniamo alla partenza del trek due cervi ci attraversano la strada con un gran salto, una volpe ci guarda con aria interrogativa ed al parcheggio incontriamo un coyote che affamato gira attorno al cassonetto blindato dei rifiuti. Gli Svizzeri non hanno nulla sulle spalle poiché intendono solo arrivare alle Cascate, ma il mio zaino è veramente pesante; così loro si avviano leggeri e veloci giù per la discesa ed io piano piano. Il percorso parte da un bellissimo bosco di pini e scende ripido serpeggiando in una gola. Via via la vegetazione si fa più rada, le pareti sono colorate e strette, si attraversano ponti, si costeggiano cenge e spuntano pinnacoli colorati qui e là. Ci sono diverse persone che scendono, ma nessuna ha sulla schiena uno zaino pieno che faccia pensare alla traversata.
Alle 8.30 sono già alle Roaring Springs: 900 m. più sotto e distanti 7 Km dal parcheggio. Continuo sul sentiero senza deviare, ma è meglio che mi riposi un po’ e faccia colazione: per me il cammino è ancora lungo ed il sole comincia a picchiare.

Ecco un buon posto: un sedile di tronchi, un bell’albero, ma … c’è anche una brocca con della limonata che sembra messa lì a bella posta per farsi bere ….
Sto sorseggiando la limonata e mangiando un panettoncino che ieri frettolosamente mi sono comprata quando vedo comparire Antonio e dopo poco tutti gli altri Avventurieri. Mi basta uno sguardo per accorgermi che Antonio è veramente molto dispiaciuto di non avere il permesso, ma il tagliandino appeso al mio zaino è per una sola persona e le multe che vengono date a chi si avventura senza il pass sembra siano salatissime. Antonio però è proprio depresso, io non so decidermi ad andare via, quando come dal nulla compare un simpatico signore che si presenta come il pittore e fotografo Bruce A. Aiken. Abita in una casetta a pochi metri da lì, è un gran conoscitore del Canyon ed è lui che ha messo la limonata sul tavolo per tutti quelli che stanno scendendo verso il basso. Saputo poi che ho un permesso ed una tenda per tre e vedendo l’aria afflitta di Antonio si offre di far estendere il pass via telefono anche ad altre massimo due persone.
Antonio è raggiante e determinato a buttarsi nell’avventura anche se non ha molto con sé, mentre Marisa, dopo una decina di minuti di esame di coscienza decide per il no. Così con una telefonata, il numero di carta di credito e 5 Dollari in aggiunta, il mio permesso è esteso e vale ora per due persone.
Ma è già tardi, sono le 9.30 passate, bisogna ripartire. Do un pezzo d tenda ad Antonio e lo zaino, che era così pesante, mi sembra subito più portabile. Salutiamo gli altri, Giovanna mi abbraccia come se non ci dovessimo rivedere mai più.

La discesa continua, le cascate di Roaring Springs formano un piccolo fiume impetuoso, gli alberi si diradano e diventano arbusti. Dopo circa 1 ora siamo al campeggio intermedio di Cotton Wood che è un posto bellissimo con acqua , alberi, piazzole per tende e posto di soccorso. Ne approfittiamo per rifornirci di acqua: di qui in poi non ci sarà più modo di averne. Ora il sentiero è quasi in pianura, alzando gli occhi vedo 1500 m. più in alto i punti di vista dove eravamo ieri ed i pini; mi pare quasi di distinguere la gente. Cammino con il pareo in testa completamente bagnato. Antonio a volte è più avanti a volte più in dietro, a seconda dell’estro fotografico che lo prende. Gradatamente scompare qualsiasi vegetazione e la pianura lascia il posto ad un canyon leggermente in discesa chiuso tra pareti altissime.
Il caldo è mostruoso 38, 40, 42 gradi?  Il pareo non resta bagnato per più di 10 minuti.
Ad una curva trovo Antonio a mollo in bilico su di un masso che fotografa il fiume: buona idea, un bel bagno è proprio quello che ci vuole ! Non faccio che bere 1 l., poi 2 l., poi 3 l., le cicale stridono assordanti, non si vede anima e l’aria è immota e rovente. Le pareti rocciose sempre più alte si stringono su di me e sono ora viola, ora rosse, ora arancioni ; le rocce sono bellissime e tutte luccicanti.
Ma quanti Km avrò fatto ?
E le pareti sono sempre più alte, le cicale urlano sempre più forte, il sole è sempre più cocente. Curva a destra, controcurva a sinistra e via così di nuovo a destra e poi a sinistra..
Ma finirà mai ?
Allora per distrarmi e non pensare allo zaino che sento sempre più pesante comincio a raccogliere sassi, poi a cantare, poi faccio un altro bagno.
E’ da un po’ che vedo in fondo, tra le curve di questo infinito canyon, ma proprio in fondo, una parete altissima, così alta da arrivare al cielo.
Curva a destra, controcurva a sinistra…..ma si, la parete altissima è lei, è la sponda Sud.

Sono arrivata al Phantom Ranch e sono le 16 !
Vedo alberi, grandi alberi di platano, casette di legno, gente. Mi schianto sul muretto del Lodge a fianco di Antonio e finalmente mi slaccio gli scarponi. Il termometro di fronte a me segna 110 °F , cioè 42°C !
Ma lo sguardo corre alla sponda infinita che si erge davanti a me: domani ci dovremo arrampicare lassù. Il Ranger ci assegna una piazzola dove cervi pascolano tranquilli e dopo aver piantato la tenda abbiamo ancora tempo per fare un bagno nel fiume. La cena che è alle 18.30 è tipo il rancio in una caserma ed ai grandi tavoli incontriamo anche alcuni Italiani che sono scesi oggi dalla parte Sud percorrendo il South Kaibab Trail e risaliranno domani dal più agevole Bright Angel Trail. Faccio appena a tempo a vedere accendersi in cielo una miriade di stelle, a nascondere i viveri ed i saponi nella scatola blindata anti-orso ed il sonno si impadronisce di me. Non sento neppure Antonio che alle 21 rientra in tenda dopo una raffica di foto notturne.

18 -08

Le 4.50, suona la sveglia …
Alle 5.20 il cielo comincia a schiarirsi che già partiamo; ma non siamo i primi. I nostri vicini, 4 ragazzotti di circa 20 anni che ieri sembravano più morti che vivi, sono già partiti. Il Colorado sembra nero e scorre liscio, infido e velocissimo sotto di noi mentre percorriamo il “Suspension Bridge” che unisce le due sponde. Il termometro segna sempre 90 °F, ma a noi sembra abbastanza fresco.
Io ho dormito come un sasso e questa mattina mi sento in forma, Antonio invece non ha dormito nulla, forse perché non aveva il materassino. Il sentiero serpeggia salendo ripido, il Colorado da nero diventa rosso. Man mano che la luce avanza le pareti prendono riflessi dorati, rosa e brillano di mille luci: solo rocce, cielo ed acqua.
Non siamo i soli a salire: ci sono con noi i 4 giovanotti nostri vicini di tenda, due simpatici giapponesi, una giovane coppia “gringa”. Agevolmente ci arrampichiamo in alto, il Colorado si allontana, le rocce diventano ancora più colorate ed a volte bianche come di neve. Alle 8.30 siamo all’Indian Garden il punto intermedio di campeggio: da qui abbiamo ancora solo 4.5 miglia e ci sembra di essere quasi arrivati.

Indian Garden è un posto bellissimo con grandi alberi ruscelli e cascate; i Rangers ci danno il benvenuto sorridenti e si informano sulla nostra salute. La pompetta dell’acqua è li invitante e ne approfittiamo per rovesciarci addosso qualche litro d’acqua. Si ora siamo più freschi, ma … il sole comincia a bruciare e le cicale a stridere.
I 4 giovani cominciano ad avere le facce stravolte, si trascinano su per la salita e dopo un po’ li trovo accasciati a lato del sentiero. Chissà che bell’aspetto abbiamo noi, io con il pareo gocciolante sopra il cappello ed Antonio con il suo berrettino da Esploratore – Indiana Jones e la enorme borsa delle macchine fotografiche a tracolla.
Mancano solo 3 miglia ora, neppure 5 km, e ci troviamo sul secondo gradino; vediamo il bordo Sud abbastanza vicino, ma il caldo si fa veramente atroce. I Giapponesi soffiano e gemono, i ragazzi fanno un pezzo accelerando e poi stramazzano al suolo, i “gringos” procedono tenendosi per mano e tirandosi a vicenda, noi ci sediamo ogni tanto per riprendere fiato.
Siamo a 1.5 miglia, sotto la tettoia del posto di sosta, all’ombra e non ci resta che buttare la testa ed il corpo sotto il rubinetto per abbassare di qualche grado la temperatura corporea. Così gocciolanti riprendiamo il cammino.

Incredibilmente tutti quelli che scendono sono profumati di colonia e deodoranti, non sudano, hanno piccole borsette e tengono in mano non più di mezzo litro d’acqua. Ci guardano straniti e mi sembra arriccino un po’ il naso al nostro passaggio, non deve essere proprio di colonia il nostro odore. Incontriamo un gruppetto di italiani che mi chiede dove è il bar e dove si può trovare qualcosa di fresco da bere. “Davvero non c’è altro che acqua ? Ma come sono poco organizzati questi Americani ! E il Colorado dov’è ? A 15 Km ? O mamma mia ! E voi venite da lì e siete partiti alle 5.20 … Ma ora sono le 11 passate !”
Antonio mi sembra barcollare … o forse sono io che barcollo ? Deve stare proprio male poiché è già da più di un’ora che non fotografa …
La gente che incontriamo è sempre più profumata e fresca, saltellante, si vedono bambini ….. si vede ora anche il Lodge ….. e si vede anche Marisa che ci aspetta sull’ultima curva.  Sono le 12.20.
Il Bright Angel Lodge è bellissimo e pieno di gente elegante; io mi tolgo gli scarponi, non intendo più vedere scarponi almeno fino a domani. Giovanna ci porta un enorme bicchiere di Seven-up che trangugiamo tutto d’un fiato.

Ma i nostri tre compagni sono già stufi della riva Sud piena di gente, parcheggi ed alberghi quindi ci caricano velocemente in macchina e partiamo. Antonio si addormenta all’istante mentre io comincio a raccontare entusiasta il nostro fantastico viaggio nelle Ere della Terra: le rocce colorate e luccicanti, i fossili, le cicale, le alte pareti, il cielo pieno di stelle, il Colorado che è veramente un impetuoso liquido rosso, la cena nel rifugio-caserma, l’infinito sentiero, i pinnacoli e le cascate, le stazioni di soccorso, i bagni con i vestiti, gli incredibili alberi di Phantom Ranch e Indian Garden ….. tante immagini che si affollano nella mia testa e che cerco di trasmettere ai compagni.
E mentre racconto e racconto la macchina scivola veloce sull’autostrada americana dirigendo alla Riserva Havasupai. Un altro canyon colorato ci attende, altre cascate questa volta incredibilmente verdazzurre …..
Ma questa è un’altra Avventura.

Pubblicato sulla Rivista dell’anno 2004 n.1 sezione “taccuini”

Giuliana Bencovich