2001 Timimoun

5 donne e 4 cammelli a Timimoun

Siamo in cinque, tutte donne, a partire per l’Algeria: destinazione Gourara, nel grande Erg Occidentale. Sono un po’ preoccupata ad andare in un paese islamico con un gruppo di sole donne, ma il destino ha voluto così.  E le mie compagne chi saranno ?  mi chiedo ancora a casa.
Certo le donne, se tengono un atteggiamento corretto, non corrono pericoli, ma mi trovo a pensare con orrore a compagne di viaggio con canottiere e calzoni corti, minigonne e top in atteggiamenti che sono così pericolosi in un paese osservante come è l’Algeria.  A Milano c’è il primo incontro e la prima difficoltà per spedire la enorme cassa cucina su solo 5 persone. Ma poi Alitalia chiude un occhio e tutto va a posto.
Ma dove sono i viveri ? domandiamo.   “Tutto dentro la cassa ” mi assicura l’addetto di Avventure.  Sarà , ma a me sembra così leggera !
Algeri ci accoglie in ritardo ed è tutta una corsa per arrivare a prendere il volo interno che, per fortuna, sta ancora imbarcando. Nessun turista, solo tre italiani di una ditta che sta costruendo una centrale a gas. Ci squadrano e poi, non potendo più trattenersi, ci chiedono: ” ma cosa ci fanno 5 donne sole in Algeria “.  Io rispondo serafica ” Ma siamo venute a cercare marito”.  Rimangono esterrefatti non sapendo se considerarlo uno scherzo o forse una tragica verità.
Bene o male, in ritardo di due ore, parte anche il volo interno destinazione Adrar e dopo una corsa in taxi-brousse nella notte arriviamo a Timimoun un po’ rintronate.

Il mattino dopo l’apertura della cassa cucina ci rivela che Avventure si è ancora una volta preoccupata di noi pensando di farci scontare gli stravizi delle Feste Natalizie. Nella cassa infatti oltre a tre pentole di alluminio tipo quelle che si usavano negli anni 50 e due fornelli non troviamo altro che un pezzo di parmigiano ed uno di speck !!!
Le mie compagne di viaggio sono incredule; il foglio notizie recita “una scorta di viveri sufficienti per i giorni di trek”… e dove sono ?  Così la prima mattina si passa al mercato: spaghetti, riso, olio, tonno, frutta e verdura, marmellata, tè , salsa, semola, lenticchie, spezie, baguettes. Tutto pagato con la cassa comune borbottano un po’ furiose e poco convinte delle mie spiegazioni che i viveri dall’Italia ci sarebbero costati 22 000 lire al Kilo per il sovrappeso.
Alle 13 siamo pronte per partire: ci attendono 4 cammelli, una guida, un cammelliere ed otto giorni da sole in pieno deserto.

La nostra carovana si è mossa tra dune e distese di pietrisco, oasi fortificate circondate da verdi orti che sembrano giardini, sotto un sole implacabilmente feroce. La nostra guida Brahim ed il cammelliere Abdarhman, provetti cuochi, ci hanno preparato due volte il cuos-cous ed una volta le lenticchie. Contrariamente a ciò che è successo agli altri gruppi noi sette abbiamo sempre mangiato assieme e le tavole sono state distinte solo quando noi tiravamo fuori il nostro pezzo di speck.   Ed è proprio questo pezzo di speck che un giorno ha causato un grave incidente diplomatico.
Mezzogiorno, ci siamo fermati ed i cammelli sono stati scaricati affinchè non si rotolino con i fardelli sulla schiena. Per quel giorno il menù prevede parmigiano e quindi possiamo mangiare tutti assieme. Pane, parmigiano, arance sono disposte sulla nostra tovaglietta e ci serviamo del tagliere per non fare un macello di sabbia. Porgiamo un pezzo di parmigiano ai nostri due accompagnatori ed improvvisamente scoppia una veemente discussione tra di loro, Abdarhman prende il formaggio, ma Brahim rifiuta e si allontana con un moto di stizza anzi di autentico furore. Noi rimaniamo impietrite e stupite, è sempre così gentile. Non sappiamo cosa fare … poi ci viene un dubbio: ieri abbiamo mangiato lo speck, abbiamo lavato il coltello , ma forse … forse non il tagliere. E’ su questo tagliere contaminato che stiamo ora dividendo il parmigiano. Che fare ? Discutiamo tra di noi, ci incolpiamo di essere state disattente, poi conveniamo che non possiamo confessare la nostra colpa apertamente. Lasceremo la cosa nel dubbio, ma ci rendiamo conto che oggi l’abbiamo combinata grossa.
Il resto della giornata Brahim ci evita, sta a notevole distanza da noi e non ci parla. Quando arriviamo al campo con la scusa che deve andarsi a comprare le sigarette al vicino ( 8 Km ) paese si allontana.
Ma noi non ci perdiamo d’animo, mettiamo su l’acqua per la pasta, facciamo il fuoco come abbiamo visto fare da loro, raccogliamo la legna. E’ quasi buio quando ritorna e rimane stupito che tutto sia a posto, si informa chi ha fatto il fuoco e poi sentenzia che comunque è nel posto sbagliato e bisogna spostarlo. Io gli annuncio che abbiamo lavato tutte le pentole e che ci scusi se oggi abbiamo fatto qualcosa che non andava, comunque non l’abbiamo fatto apposta. Sorride, anche lui è un po’ imbarazzato, ma confessa: quando c’è di mezzo il porco sono problemi gravi …
La sera mangiamo pasta al sugo di nuovo tutti in amicizia e poi con le due teierine mettiamo, come sempre, su il tè sul fuoco rigorosamente a legna.  Tre tè sono di rigore: il primo forte e pastoso, il secondo dolce ed alla menta, il terzo leggero come quello dei bambini.

Ma non sempre per cena abbiamo fatto da mangiare noi poiché a volte Brahim ci ha preparato il cous-cous alla maniera algerina come si fa nel deserto e cioè con una pila di pentole su un sol fuoco.
La preparazione è semplice, ma l’esecuzione complessa. In una pentola si cuociono le verdure con salsa e spezie varie poi sulla prima pignatta se ne pone un’altra con acqua e su questa il colino con dentro la semola che così si cuocerà lentamente a vapore, chiusa da un coperchio. Il tutto deve essere abbastanza ermetico e quindi noi ci siamo sempre arrangiati facendo le guarnizioni di carta igienica bagnata. Dopo due ore circa il tutto è pronto e viene servito alla maniera tradizionale in una grande terrina di portata (per noi la padella) con la salsa e le verdure sopra . Tutti si pesca dallo stesso piatto.

Siamo state veramente viziate dai nostri accompagnatori che ci hanno preparato sempre il tè, hanno acceso il fuoco, ci hanno comprato le verdure negli orti dei villaggi, ci hanno portato a pranzo dall’amico Marabutto.
Bisogna dire che noi ce lo siamo meritato in quanto ci siamo comportate sempre come donne per bene.
Anche quando c’è stata l’occasione di lavarsi perché l’accampamento era vicino ad un canale di foggarà, le canalizzazioni che dalle montagne portano l’acqua alle oasi, ci siamo lavate solo i capelli, mani e viso, attendendo la notte ed approfittando di una spugna per lavarci un po’ meglio nei posti più nascosti.
Ma anche i cammelli sono stati fantastici. Cassandra il più piccolo, di soli 7 mesi, era quello sempre in fondo alla carovana e quando siamo arrivati alle dune ha avuto la diarrea per tutto il tempo dalla paura e dalla apprensione di affrontarle. Ciccio, il più grande e capo branco, ad Arhlad ha fatto indigestione di datteri e così abbiamo dovuto dargli come purgante una intera bottiglia di olio. (Ovviamente Cassandra e Ciccio sono soprannomi dati da noi )
I nostri 4 cammelli erano bestie mansuete e curiose. Arrivati al campo venivano lasciati liberi, ma non si allontanavano mai tanto e la notte rimanevano seduti tra le tende ruminando incessantemente ed asfissiandoci con le loro terribili scorregge. Si lasciavano accarezzare e non disdegnavano di accettare qualche carota o di rubarla dalla cassa non appena giravamo l’occhio. Solo Ciccio ogni mattina, quando si caricavano i bagagli, si lamentava sempre pietosamente per l’enorme lavoro che gli toccava fare ed allora erano sospiri e sbuffi da straziare il cuore.

Lungo il cammino la nostra guida ci ha raccontato un sacco di cose sulla vita nel deserto, sulle oasi incontrate, sulla “legge dell’Acqua” che regola la distribuzione della stessa, sul potere dei Marabutti, sui rapporti tra famiglie ed etnie diverse. Abbiamo parlato anche di matrimoni e divorzi, della situazione che negli ultimi tempi ha travagliato l’Algeria, persino delle differenze culturali e di religione, ciascuno accettando l’altro per quello che è e rispettando le diverse credenze.
Ci siamo mossi nel nostro peregrinare, come amava dire Brahim, come un gruppo di cinque sorelle e due fratelli.
A metà viaggio, ai piedi della Grande Duna abbiamo assistito ad una eclisse totale ed il cielo che in questi giorni di luna piena sembrava carente di stelle si è improvvisamente acceso di innumerevoli luci con una sfolgorante Via Lattea. E’ in questa occasione che abbiamo avuto come ospiti del nostro cous-cous anche due cammellieri che da una settimana erano in giro con il loro branco di animali per raccogliere legna e fare piccoli scambi commerciali.


L’ultimo giorno di trek l’abbiamo passato a Roses de Sable, uno dei tre posti dell’Algeria dove si formano le rose di sabbia e dove Brahim e Abdarhman hanno cercato per noi dei bei pezzi che poi ci hanno regalato.
Al pomeriggio eravamo a corto d’acqua così i nostri due accompagnatori, presa una tanica, si sono avviati verso il vicino paese quando … ecco che arriva un fuoristrada.
Ne scendono due uomini che invece di avvicinarsi come sarebbe logico cominciano ad aggirare il campo come a controllare quanti siamo e cosa facciamo. Nessuna fiata, tutte fanno finta di non essersi accorte di nulla, io sembro intenta a scrivere, Loretta si mette lo chech cercando di nascondere i bei capelli rossi, Massima si tira il foulard sulla fronte affinchè i capelli biondi non si notino troppo, Orianna fa finta di dormire, Sandra si è tuffata dentro alla tenda. Dopo le manovre di accerchiamento uno dei due sembra rimanere di guardia mentre l’altro, chech nero, occhiali da sole, giubbotto in pelle si avvicina ed attacca discorso con me.
Coperta dal velo, bavaglio compreso, rispondo a monosillabi alle sue gentili domande. Il tizio non mi piace per niente, ha un fare viscido ed infido, con la coda dell’occhio vedo le altre che sono come paralizzate ed attente a tutto quello che succede.
Finalmente compare Abdarhman …. Gli occhi che sono sempre ridenti e scherzosi sono ridotti ad una fessura ed il velo è tirato fin sul naso. Risponde in un durissimo e raschiante arabo alle parole che il Viscido gli rivolge in francese. Poi con altri suoni che non capiamo, ma che non sembrano per niente gentili, liquida anche il compare. In quattro e quattr’otto i due risalgono in macchina e se ne vanno appena prima che arrivi Brahim trafelato con la tanica dell’acqua sulle spalle.
E’ furioso, gli occhi lanciano lampi e vuole sapere che cosa volevano, se hanno detto o fatto qualcosa, quanto sono stati con noi. Poi sbotta. “quel maiale, la prima cosa che ha detto è stata – che ci fanno 5 fighe pazzesche nel deserto ? – ” “Cinque f…e pazzesche”, replica Loretta, “al avea i ociai negri e no l’a vist gnient” e tutte quante scoppiamo a ridere. Ma la sera chissà perché vanno tutte in tenda con il coltello sotto il cuscino, non riescono a prendere sonno ed al mattino mi rinfacciano di aver dormito (e russato) tutta la notte.

L’ultimo giorno è tutto dedicato ai saluti ed agli acquisti. La visita alla madre ed alla moglie di Brahim si alterna a quelle in miseri negozietti che espongono poche cose. Tra un giro e l’altro ne approfitto per telefonare a Daniela di Avventure per il contrattempo dei viveri non ricevuti e mi sento dare l’O.K. per il rimborso. Tutte contente le mie compagne di viaggio partono per un altro raid di acquisti.
Stanche prima di cena ritorniamo chez Madame Djemaa, l’affascinante divorziata che ci ospita per il nostro soggiorno in città, e li non si sa come, escono dai suoi armadi le toilettes della festa. Non resistiamo e con gran divertimento improvvisiamo una sfilata di moda islamica.
Sandra indossa il completo fucsia di casacca e pantaloni appena comprato impreziosito da una jelaba prestata in crepe nero con ricami, Massima prova il caftano verde acqua con sopra tunica in tinta ed oro, Loretta sceglie un vestito con ricami nigeriani e velo ricamato, Orianna si pavoneggia con un caftano rosa pesca dai ricami argentei, io fotografo e commento con la padrona di casa e sua figlia.
Alle 8.30 viene la macchina a caricare tutte e sei, anche Djemaa eccezionalmente viene con noi, per portarci alla festa organizzata al Jardin, la residenza che il corrispondente di Avventure sta costruendo fuori città. Prima un pranzo molto raffinato, poi arrivano i musici berberi con tamburi, carcabou, mandolini ed uno strano strumento formato da un disco di pietra battuto con due pietre.
Le canzoni sono nenie tradizionali accompagnate da battute di mani e tutti gli invitati, noi sei, un architetto molto affascinante, il capo dei musici ed altri due signori dall’aspetto distinto, seguiamo le canzoni con battute di mani. Tutte noi notiamo però come erano più belle le serate sotto le stelle, intorno al fuoco, bevendo tè fatto rigorosamente sul fuoco di legna …
Solo dopo de 11, con un altro taxi, noi signore veniamo riaccompagnate a casa e mentre il corrispondente mi saluta mi confessa che per lui questo viaggio è stato un incubo poiché non gli era mai successo di avere un gruppo di sole donne in giro per il deserto.
Lo credo, ci diciamo ridendo, non si erano mai viste a Timimoun cinque f…e pazzesche da sole in mezzo alle dune.

Articolo pubblicato sulla Rivista dell’anno 2002 n.1 

Giuliana Bencovich