1991 Maldive Sub

De Bello maldiviano 

ovvero l’eterna disputa tra Computeristi e Tabellisti

“Ma tutto ciò non ha senso! ” “Sono anni che vado così e so quello che dico!”  “Chi non si mette al passo con l’evoluzione è spacciato!”  “Why no tieni confidenza con me ?”  Il Dhoni risuona dell’accesa discussione mentre tutto attorno il mare azzurrissimo brilla caldo e silenzioso.

Siamo, forse l’avrete già capito, alle Maldive, durante il primo viaggio veramente Sub organizzato da AnM. Con parecchi patemi e molta fatica – chi l’avrebbe mai detto? Forse i Sub non leggono il Giornalino? – sono riuscito a mettere assieme 6 “bombolari” e 6 “snorkelisti” per un Ari Atol tutto sott’acqua, a vagabondare in quello che è l’unico vero mondo delle Maldive; con ancora più patemi e difficoltà AnM è riuscita ad assicurarmi l’appoggio di un diving center – sembra che a Natale sia tutto prenotato con anni di anticipo dalle varie mega agenzie – con dhoni, compressore, bombole e … Bea, splendida, ma teutonica bionda in veste di guida sub.  La barca non è molto grande ma ci adattiamo, il clima più fresco e dolce del previsto, l’equipaggio amichevole, non vediamo l’ora di buttarci “sotto”.

Il solito rito della vestizione assume qui aspetti “esotici”: mute da 5 mm che rischiano di far cuocere i disgraziati propietari, mute-bermuda che richiedono di indossare sopra una tuta da meccanico per impedire al corallo di raschiare la pelle, calzari da acque polari -ha, la paura del pesce pietra!- , guanti mega spessi, attrezzature subacquee megaprofessionali di tipo usa e getta e gli strumenti, tre computers, classici profondimetri ed orologi, decompressimetri …, ma nessuno fa particolare caso alla robe degli altri e giù !

Sotto non è necessario andare molto fondi, il bello è tra 0 e -25, sembra di eseere caduti nel palazzo di un qualche re di fiabe: la luce filtrata dall’acqua limpidissima danza tra irreali costruzioni di madrepora e corallo, si riflette sui fantastici merletti e trafori, gioca tra ombre e raggi attraverso enormi eppur leggere costruzioni a più piani, colpisce strane creature ondeggianti, striscianti, che sembrano la materializzazione di un sogno.  In mezzo ai pesci di ogni forma e dimensione, sospettosi e pronti alla fuga, ma anche tanto fiduciosi e paciocconi da giungere a farsi toccare, come il flemmatico pesce Napoleone che fa le fusa come un gatto sotto le carezze di Giuliana o i pesci chirurgo che si lasciano prendere per la coda. Un’occhiata agli strumenti e scoppia il casino con gran spreco di “segnali convenzionali” c’è chi fa presente che bisogna tornare subito sù, chi dice che deve fare decompressione, chi dà del matto a tutti ed asserisce che si può tranquillamente continuare … in breve ognuno segue i suoi strumenti ed il ritorno a bordo è molto frazionato.

Quando ci siamo tutti, attacca la discussione di cui all’inizio. ma dove è il problema?  Per non tediare, dirò semplicemente che la filosofia e la fisica su cui si basano i computer da immersione sono diverse da quelle delle classiche tabelle; i risultati sono senz’altro ugualmente sicuri, ma i tempi ed i modi molto diversi, anche tra gli stessi computer … aggiungete anni ed anni di pratica in un certo modo, la paura di cambiare tutto in un posto “isolato” come le Maldive e capirete le accese discussioni, che continuano sulla barca.  “Ora guardiamo sul manuale”   “Ma è vecchio!”  “Già, ma i vostri computer non vanno neppure d’accordo tra loro!”  “But pour quoi no seguire main Computer?  Io siamo la Guida”  interviene Bea nella sua miscela anglo-italo-franco-tedesca.

Uno stentoreo “ha abboccato, lo tengo!”  di Corrado  ci fa catapultare tutti a poppa per assistere al recupero di uno splendido tonnetto: applausi generali … non immaginiamo, noi tapini, che è solo il primo di una serie infinita di tonni che, seccati e conditi con cipolla cruda e cocco gratuggiato, ci saranno serviti tutte le mattine a colazione.  Il cuoco infatti, noi non lo sappiamo ancora, si farà trascinare dall’entusiasmo e darà fondo alla cambusa in pochi giorni, preparando pranzi e cene luculliane allegramente divorate da 12 + 1 + 7 affamati (12 partecipanti + Bea + 7 di equipaggio delle 2 barche) ignari delle vacche magre che seguiranno. Finiremo ad elemosinare polli in un villaggio, a dare fondo alle riserve di emergenza portate dall’Italia, mentre al villaggio Vacanze, oltre a non lasciarci neppure toccare terra, ci rifiuteranno perfino un semplice pezzo di pane.

Ma la barca va … abbiamo deciso di non andare ad Ari, ormai pieno di Tourist Resorts, e di portarci a Sud, negli atolli di Felidhoo, scelta felicissima per assenza di turisti, ambiente incontaminato, semplici ma genuini villaggi di pescatori.  Andiamo a zonzo tra lingue di sabbia sorgenti dal nulla, sottili strisce coperte di palme e di strane piante,simili alle mangrovie, ma con frutti che sembrano ananas rosso cupo,reef affioranti e brulicanti di vita, lagune dove cammini per centinaia di metri in acqua caldissima, con pesci di ogni forma che ti guizzano tra le gambe … giù, e siamo di nuovo in un mondo irreale, pullulante di vita ed assurdamente silenzioso, ove le nostre bolle fanno un rumore assordante, tra aragoste giganti e piccolissimi nudibranchi, stelle assassine e delicati spirografi.

“Basta ! il mio computer mi diceva di fermarmi, io ho seguito quello di Bea ed ora mi da i numeri !”  ” ben ti sta, così impari, se hai uno strumento devi seguirlo”  “Senti chi parla, tu sei risalito mezz’ora prima per dar retta alle tue tabelle!”   “Io siamo prova che mein computer is very well; siamo qui da sei mesi e sto toujours bien” … la disputa continua ma oramai è quasi un rito; ognuno segue i suoi strumenti e, sia con tempi e modi diversi, tutto procede bene.

Sulle passes, zone dove la marea attraversa i reef per entrare nella laguna, la corrente è fortissima, ma la vita ancora più rigogliosa e lussureggiante: stiamo letteralmente volando, trasportati come foglie nel vento da una specie di Malestroem subacqueo lungo un corridoio variopinto, popolato da infiniti pesci e da flemmatiche tartarughe che analizzano perplesse le nostre pinne, mentre gli squali approfittano della corrente per finalmente fermarsi sul fondo senza correre in rischio di asfissiare … Squali ?  Già, squali: è l’ambiente classico per questi “pesciolini” e spesso ne incontreremo di grandi e piccoli, curiosi e paurosi, ma sempre apparentemente inocui; solo una volta di fronte ad un gruppo di sette un pò troppo cresciuti, ci appiattiremo a lungo sul fonfo, e più di una mano finirà, illogicamente, ma comprensibilmente, sul coltello.

La notte di Capodanno siamo ospiti di un villaggio i cui abitanti, dietro pagamento di una modesta somma, ci organizzano due ore di musica e danze; semplice e coinvolgente, solo che i locali, da buoni mussulmani osservanti anche se non fanatici, tengono le loro donne fuori dal recinto di danza e vari saranno i tentativi delle nostre fanciullle -ovviamente considerate a livello di mignotte della peggior specie- di coinvolgerle nel vortice dei balli. Alcuni di noi comunque si scatenano in pantomime e balli acrobatici con grande divertimento  di tutti e la mezzanotte ci coglie a bordo…, a festeggiare con ottimo “Pandouce” genovese, canditi e atroce spumante analcolico comperato a Male.

“Ma quando andiamo giù di notte?” Si lamenta Laura, e giustamente, in quanto un’immersione in notturna è un pò il top da queste parti.  “Di notte bisogna stare tutti assieme, cosa diavolo seguiamo?”  “Tabelle!”  “Computer!”  “Siamo alle solite, così non si può andare avanti!”  “Io non vengo, mi sono rotto le palle!”  “Tout le monde with me, of course”.  Alla fine si raggiunge il compromesso di andare a coppie, ma due a due affidati al medesimo strumento, e giù …  Il primo attimo, malgrado gli anni e l’abitudine, è di paura, di repulsione per quelle acque nere che si richiudono silenziose sopra di te, poi sette fasci di luce illuminano un modo alieno e surreale, fatto di anfratti tenebrosi punteggiati di stelle luminose, archi fosforescenti, tentacoli che passano dal verde al viola agitandosi alla pur debole corrente, volte arancione acceso brulicanti di una vita quasi microscopica. Di tanto in tanto siamo sfiorati da qualcosa di grosso e pesante: il rapido e preoccupato girare di torcia illumina un tranquillo Napoleone che ti guarda annoiato o di cernie che di tale hanno oramai solo il nome, gialle come sono, o azzurre a puntini rossi e blu o verdi.  Con il buio i pesci pappagallo si fanno audaci e tentano di morderti le dita mentre calamari luminosi sfrecciano verso il fondo; uscendo il plancton bioluminescente si appiccica sulle mute che, stese ad sciugare sul dhoni, brillano come fantasmi oscillanti sotto la brezza notturna …

L’ultima immersione, oramai di ritorno a Male, è sul relitto a -35: corrente fortissima, stanchezza (11 gg con due immersion al dì) fanno si che solo 3 scendano con Bea. Tutto bene, ma al riemergere l’acqua ribolle di una furiosa litigata: “You must follow me!” “col caz… ! Il mio computer dava ancora decompressione !” “Ton computer ne marche pas! Io seguiamo il mio pour six months senza problemi !”  “ma la pelle è la mia, domani devo volare.”

E l’indomani infatti voliamo, felicemente e senza “bolle”  e già si fanno progetti di quando tornare ad immergersi in questi luoghi fantastici: “Ma ad una condizione- dice Nadia – che prima ci mettiamo d’accordo a comperare tutti il medesimo strumento, altrimenti finiremo con lo stressarci invece di divertirci”. ovviamente siamo tutti d’accordo, solo che ognuno vorrebbe che tutti gli altri comprassero il suo strumento … de bello aeterno

Articolo sulla Rivista 1992 n.3

Maurizio Traverso