Domenica 16 Novembre

IL MUSEO DELLA SETA ED IL MONTE BARRO

Una giornata ricca di diversi sapori. Un'escursione CULTURAL/NATURALISTICO/GASTRONOMICO/SPORTIVA.

Non tutti sanno che per secoli la lombardia è stata il maggior produttore europeo di seta. Il lecchese era la zona dove le filande (e la coltivazione del gelso) hanno avuto maggior sviluppo. E intorno alle filande si è sviluppato un mondo ed una cultura. A Garlate c'è il museo della seta e lo andremo a visitare. Poi ci porteremo al parco del Monte Barro con diverse possibilità naturalistiche, archeologiche e sportive.

All'Eremo del monte Barro c'è un ristorante con specialità di montagna.

Chi preferisce camminare può andare fino alla cime del monte e mangiarsi un panino con la vista sull'Adda.

Ritrovandoci all'eremo si potrà proseguire con la visita archeologica alle rovine celtiche.

 

Ho bisogno di sapere:

quanti vogliono la guida (se sono più di 10 la prendiamo)

quanti sono interessati al pranzo al ristorante (per prenotare)

 

 

Programma

Ritrovo a Milano ore 9.00

Arrivo al museo di Garlate ore 10.00

Arrivo al monte Barro ore 12.30

Ritrovo all'eremo or 15.30 per la gita archeologica

Partenza dal Monte Barro ore 18.00

 

Spesa prevista

Ingresso al museo 2,5€ a testa (scontato dai 4€)

Opzione guida 50€ da dividersi nel gruppo

Pranzo all'eremo: Polenta con selvaggina o brasato + dolcetto + acqua, vino e caffè  15€ a testa

Trasporti: auto con divisione spese tra i partecipanti

 

Come Arrivare – Si prende la nuova Valassina fino a Lecco, si prosegue verso Garlate senza entrare in Lecco. Il museo, ex filanda Abegg, è lungo la statale. Per andare al Monte Barro, andare a Garlate e lì seguire le indicazioni per il Monte Barro e l’eremo. Il numero di cellulare è 335/208784

 

Archeologia industriale – le filande - Claudio Corbetta, da "Passaggi: Guida alla Brianza lecchese" , Ed. LOGOS

Nell'area che ci interessa, la Brianza lecchese, l'industrializzazione è stata portata avanti, invece, intorno al settore della produzione serica, che si è innestato con naturalezza nel sistema agricolo, mantenendone sostanzialmente invariate le caratteristiche socio-economiche, senza originare massicci fenomeni di urbanizzazione. Solo nel secondo dopoguerra, tramontata ormai da decenni la seta, l'agilità, l'estro, l'organizzazione poco costosa di numerose imprese famigliari, hanno introdotto una diversificazione delle attività, portando la Brianza ad essere, a livello nazionale, una delle aree produttive più sviluppate e resistenti agli inevitabili alti e bassi dell'economia. Ciò a costo di una perdita di valori paesaggistici che la filanda non aveva mai intaccato, nel corso dell'Ottocento, nemmeno quando la produzione era salita a livelli record.

Clicca pure per un'immagine più grandeAttestata soprattutto nella fascia dei laghi e sulle alture del Monte di Brianza, la produzione della seta costituiva una delle principali voci dell'esportazione; mentre il comasco era rivolto prevalentemente alla tessitura, il lecchese era attivo quasi unicamente nella trattura e nella filatura della seta greggia, che veniva destinata in parte al mercato nazionale, in parte al mercato estero, soprattutto francese e inglese.
Alla fine del Settecento, la produzione non più condotta a livello famigliare, trovò un'iniziale sistemazione all'interno delle cascine, dove alcuni portici cominciarono ad essere ampliati e occupati dalle bacinelle per la trattura del filo. Erede di questo tipo di insediamento fu la corte produttiva (Filatoio Zero a Ello), nella quale convivono architetture rurali e organizzazione industriale. L'ampliamento delle strutture fu rapido e precoce: già negli anni '40 si contavano una media di 60 addetti per filanda, negli anni Sessanta la produzione del lecchese era pari a quella dell'intera Lombardia, negli anni Settanta, la concentrazione delle unità produttive nelle mani di pochi, illuminati imprenditori (Gavazzi, Ciceri, Abegg), permise un'innovazione tecnologica continua e un miglior utilizzo delle risorse che portarono a un vero e proprio decollo del settore. In memoria del ruolo di queste grandi famiglie, e a testimonianza dell'impressionante sviluppo della produzione serica, rimane a Garlate il Museo della Seta Abegg, sorto nel 1953 nei locali di una delle filande della famiglia.
Il settore divenne ben presto molto redditivo, ma nonostante ciò, il legame tra industria e agricoltura continuò a costituire il limite principale di questa attività e fu una delle cause principali del crollo, avvenuto a inizio secolo, quando dall'oriente si cominciarono ad importare filati sintetici, prodotti su scala industriale con minori costi.
E' quindi tra gli anni '40 e '60 del secolo scorso che si diffonde e si definisce, in pochi elementi, il modello standardizzato della filanda: pianta rettangolare allungata, alzato su tre o più piani, finestroni lungo tutto il perimetro ad illuminare le file di bacinelle poste negli stanzoni, copertura a capanna, assenza di elementi decorativi. Questi edifici non ebbero mai un forte impatto sul tessuto urbano dei paesi: per ragioni di funzionamento, venivano infatti collocati al di fuori delle città, nelle campagne e sulle colline dove si potevano trovare in abbondanza acqua e legname, indispensabili per la produzione. Attorno ad essi sorgevano spesso alcune abitazioni per le operaie, che provenivano in genere dalle famiglie contadine di qua e di là dall'Adda e che tornavano a casa nei fine settimana. Per questo intorno alle filande non si svilupparono mai villaggi operai, fatta eccezione per quello sorto a Valmadrera, intorno alla Filanda Gavazzi: è questo un caso unico di insediamento che ha sconvolto l'aspetto rurale del paese; i Gavazzi ne controllavano la vita sociale ed economica, promuovendo anche lo sviluppo di strutture sociali e scolastiche secondo il modello diffuso della "città sociale", amministrata di fatto dall'imprenditore.
Altri esempi di filanda ottocentesca standardizzata sono presenti a Ello (Filanda Redaelli, Filatoio Redaelli Dell'Oro, Filatoio Zero), a Valgreghentino (Complesso serico Longhi Sironi), a Brivio (Filanda Carozzi).

Ex Filanda Abegg (XIX sec.) Il complesso è oggi sede di uno dei primi musei della seta realizzati in europa, inaugurato nel 1953; disposto su due piani, il museo espone torcitoi e antichi macchinari per le manifatture seriche che vanno dal '700 al '900, che illustrano l’evoluzione degli "attrezzi" nell’industria serica.

 

veduta dall'alto del Museo della seta di Adegg / Filatoio

 

Si tratta di un museo civico di proprietà del Comune di Garlate, sorto nell'antico edificio che una volta era una filanda di appartenenza agli Abegg, famiglia di origine svizzera e proprietaria di numerose altre filande in zona. Dopo la dismissione dell'attività industriale a metà anni '50, e su precisa indicazione degli Abegg che non ne venisse disperso il patrimonio, costituito da macchinari molto complessi, la gestione dal 1976 è passata al comune attraverso la contestuale istituzione del Museo Civico.

Il patrimonio presente nella collezzione del Museo Abegg è di rilevante importanza, non solo per l'unicità dei pezzi presenti, ma anche per la loro funzionalità: si tratta infatti dell'unico museo al mondo dedicato alla storia della lavorazione della seta in tutti i vari aspetti che l'hanno contrassegnata, dall'antichità ad oggi,con una introduzione relativa alla vita del baco da seta. La particolarità della collezione, dovuta al gran numero di macchinari esposti e risalenti a periodici storici differenti (l'intervallo temporale abbraccia un periodo che va dal '600 ai giorni nostri) , e soprattutto al fatto che le singole macchine (anche le più antiche) sono ancora perfettamente funzionanti, dà l'idea dell'importanza del museo e degli sforzi che sono stati fatti per tenerne alto il prestigio.

In virtù della complessità della spiegazione della funzionalità di ogni reperto, la gestione dell'itinerario di visita è perora affidato ad una cooperativa culturale attiva anche in vari Enti della zona lecchese, ma tra poco la messa in opera del percorso guidato con appositi cartigli descrittivi in doppia lingua, e la relativa spiegazione tramite audioguide metterà in condizione il visitatore di poter compiere da solo la visita , avendo poi la possibilità di approfondire le varie tematiche attraverso il catalogo del Museo.

Descrizione - Il Monte Barro, con i suoi 900 metri, si eleva solitario dalla regione collinosa compresa tra la Brianza e il Lecchese, a ridosso del lago di Como.
La particolare posizione dell'Eremo (ex sanatorio e ora centro parco) offre alla vista un panorama molto ampio e variato che comprende l'insieme prospettico dei laghi prealpini e della circostante Brianza, il lago e la città di Lecco, il massiccio delle Grigne e dei Corni di Canzo.
Nonostante la sua limitata estensione questo Parco possiede risorse naturalistiche, storiche e paesaggistiche di indubbia importanza come specie botaniche di interesse preglaciale, peculiarità geologiche come l'affioramento a 'concodon' e i massi erratici, aree archeologiche in località 'Prati di Barra', Eremo e San Michele, reperti di epoca romana lungo il tracciato dell'antico 'muraioo', la chiesa francescana tardo-gotica di Santa Maria.
Degno di nota anche il complesso edilizio di carattere agricolo di Camporeso, ex borgo fortificato. Dal punto di vista agroforestale il Parco è caratterizzato dalla presenza di estesi e pregiati boschi misti di querce, tigli, aceri, castagni e robinie; particolarmente pregevole è il bosco che si estende nella valle del 'Faé', posta sul versante nordovest del monte, con una parte interamente a faggi.
Il Barro è popolato da numerose specie animali, con particolare attenzione per l'avifauna molto ricca: numerose le specie di uccelli nidificanti e di passo che comprendono rapaci diurni e notturni; prezioso il lavoro di monitoraggio dei migratori svolto dal Parco presso la Stazione sperimentale del roccolo di Costa Perla.

Il monte Barro, oasi tra i laghi

E' diventato oasi naturalistica nel 1983 e offre paesaggi mozzafiato. Oltre mille le specie vegetali presenti

Tra le sponde dei laghi di Annone e Garlate si erge il Monte Barro, luogo elevato a «oasi naturalistica» (è Parco dal 1983), e cima massima della Brianza (922 metri).
Il Monte Barro è un rilievo calcareo-dolomitico; caratterizzato da un'alta presenza di dolomia, risalente a duecento milioni di anni fa. Sul Monte Barro sono presenti anche depositi morenici e fluvioglaciali, nonché massi erratici portati a valle dai ghiacciai che un tempo ricoprivano quasi completamente il monte, scendendo dalla Valtellina.
Si tratta di un ambiente estremamente interessante e non solo per la contemporanea presenza di elementi tipici della flora mediterranea (bagolari, ulivi) e alpina, ma anche per la stessa numerosità delle specie vegetali presenti, oltre mille. Nei boschi, peraltro, corrono lepri e si nascondono ghiri e tassi. Sui rami, invece, si annidano uccelli di interesse superiore, come civette, gufi e picchi.
Le vette sono invece caratterizzate dai «prati magri», distese che arrivano ad accogliere anche quaranta specie vegetali in un metro quadrato e che devono la loro origine alle opere di disboscamento legate alle attività di pascolo o raccolta del legname.
Il particolare nome «magri» viene dal fatto che questi prati si sviluppano in contesti particolari: su suoli calcarei, non concimati o irrigati. Dall'Eremo parte un sentiero botanico che porta alla scoperta delle particolarità floristiche del parco (tra cui specie di limitate estensione geografica come il fiordaliso retico o il laserpizio insubrico).
Come cima più alta della Brianza, il Monte Barro nella storia ha assunto un ruolo importante, una sorta di posto di guardia elevato su territori vasti e diversificati. Oggi la cima ha perso la sua valenza militare e difensiva ma rimane un luogo panoramico molto interessante: salirvi regala scorci sul «ramo del Lago di Como che volge a mezzogiorno», sulla cittadina di Lecco e sui laghi della Brianza settentrionale.
Sulle pendici del Barro è stato infatti rinvenuto un insediamento goto (datato V-VI secolo): la zona fu infatti un punto strategico anche per i barbari che vi costruirono un castello. Oggi rimangono tracce dell'antico castello e di undici edifici. Non restano solo le mura: all'interno degli edifici si custodivano suppellettili e utensili, giunte sino al nostro secolo.
L'Eremo è un luogo di forte richiamo all'interno del Monte Barro: la sua posizione gli ha regalato una storia unica. E' stato un presidio romano, una rocca longobarda, un convento francescano e anche un hotel (il «Grande Albergo Monte Barro»): oggi è di proprietà dell'Ente Parco e accoglie appunto l'Antiquarium, sede di un museo archeologico.

PICCOLO DIZIONARIO
Morena o deposito morenico: accumulo di materiale roccioso disgregato da un ghiacciaio e trascinato a valle dall'azione dello stesso ghiacciaio.