Sabato e Domenica 22/23 Maggio

ANDORA ALLA SCOPERTA
DELL’ENTROTERRA LIGURE

Ileana ci ospita nella sua bellissima casa, con 7/8 posti letto ed ampio spazio nel parco per campeggiare.

Programma di massima

Arrivo ad Andora dalla tarda mattina. Ci si organizza per il dormire e si passa la giornata con una memoria di Thor Heyerdahl, il noto esploratore. Infatti ha acquistato un piccolo villaggio Colla Micheri, che sta dietro la casa di Ileana. Andremo a visitare questo vecchio villaggio ligure ristrutturato da Heyerdahl e la torre presso la quale riposano le sue ceneri. Quindi scenderemo a piedi a Laigueglia e visitare questa antica cittadina con pianta araba. Nel pomeriggio visita a Cervo S.Bartolomeo conosciuta in tutto il mondo per il teatro (è la piazzetta davanti alla chiesa a picco sul mare e gli spettatori siedono sui gradini della chiesa) dove tutti gli anni si svolge una serie di concerti di musica da camera. Torniamo per, tempo permettendo, organizzarci una bella grigliata all’aperto nella dolce serata ligure. Se la sciora Brambilla confermerà la sua presenza, ci saranno anche le sue canzoni della vecchia Milano e tutto quello che la nostra fantasia potrà inventare.

Il giorno dopo, ci avvieremo con calma ad Alassio, dove, chi non l’ha già fatta, potrà farsi la via Julia, un tratto dell’antica strada romana che collega Alassio con Alberga. Finendo poi con il gironzolare per il centro storico di Alberga.  In alternativa o complemento ad Alassio, dopo aver visitato il muretto, proseguiremo per Castelvecchio di Rocca Barbena, impressionante borgo fortificato con una lunga storia.

Nel pomeriggio/sera riprenderemo la strada per Milano.

Il nostro piano è tutto in fieri, sono benvenuti suggerimenti o critiche. Nei prossimi giorni sul sito la solita documentazione.

Spesa prevista, è ancora da definire, a parte le spese di viaggio (da dividersi tra i partecipanti), pensiamo di stare nei 10 euro a testa per la grigliata (base pesce) della sera e la prima colazione, con un piatto di spaghetti per sabato a mezzogiorno. Per domenica, tutto da inventare.

Carlo consiglia anche

-                       Museo dell'Olio Carli, al porto di Imperia

-                        Mercatino del pesce sulle banchine del porto

-      Giardini Hanbury, sul mare, a metà strada tra Ventimiglia e Mentone. Il
più grande orto botanico d'Italia, fondato nell'800 da un inglese e
attualmente gestio dall'Università di Genova. Piante di tutto il mondo,
adesso in gran parte fiorite.
 -     Caverne (non accessibili) dei Balzi Rossi, sul mare con bella spiaggia,
proprio al confine con la Francia, con annesso museo.
  -    Principato di Seborga, poco prima di Sanremo, su una collina a 6 Km
dall' Aurelia. Paesino medievale in pietra dove un viticoltore locale ha
avuto l'idea di proclamarsi principe, stampare francobolli, svolgere
cerimonie in costume e restaurare  le vecchie case. Credo che potremmo farci nominare tutti cavalieri secondo la procedura classica: spadone, giuramenti ecc. ecc.

E CON TANTE POSSIBILITA’ DI SCELTA, COMPRESA QUELLA DI ANDARE IN SPIAGGIA A PRENDERE IL SOLE, DECIDEREMO SL POSTO CHE COSA ANDARE A VEDERE

 

Riferimento  Ileana: ileanagiopp@libero.it

Oppure a Guido Platania

Tel 335/208784  - gp@helponline.it

 

 

Programma di massima

Mezzi

Auto, circa 2.20 oreda Mlano

Treno, diverse soluzioni, dall3.30 alle 4.30 ore

Sabato r

Partenza da Milano in macchina verso le 8.30

In treno, da definirsi

Domenica

Verso le 17.30 si incomincia il rientro

 

Spesa prevista

Trasferimento

Macchina dai 30 ai 40 euro solo andata per macchina (in 4 persone circa 10 euro a testa)

Treno solo andata 20 euro a testa (IC), 12.4 IR

Pernottamento, ospiti di Ileana

Grigliata alla sera+ spaghettata a mezzogiorno + colazione alla mattina (cuciniamo noi) circa 10 euro a testa

Pranzo di domenica, a seconda di come lo si vuo,fare

 

 

 

 

Thor Heyerdahl

L'esploratore norvegese Thor Heyerdahl per dimostrare una sua teoria, nel 1947, percorse oltre 4000 miglia nell'Oceano Pacifico dal Perù fino alla Polinesia, su una zattera di legno di balsa in compagnia di cinque compagni di viaggio.

Colla Micheri: Thor Heyerdahl ristrutturò l'antico borgo e lo scelse come sua dimora sino al giorno della sua morte.

Kon-Tiki

La teoria: dimostrare che gli Indii furono in grado di attraversare il Pacifico con le loro zattere, navigando dal Perù alla Polinesia tra il 500 d.c. e il 1100.

La leggenda Inca: Kon-Tiki fu il capo religioso e Re degli uomini di carnagione bianca che lasciarono i grossi ruderi del lago Titicaca. In un combattimento su un'isola del Lago, i sudditi di Kon-Tiki furono uccisi. Solo Kon-Tiki ed i suoi più stretti seguaci riuscirono a fuggire verso la costa e, attraverso il mare, scomparvero verso ponente.

La leggenda Polinesiana raccontata dagli anziani: Tiki era allo stesso tempo dio e capo. Egli guidò i loro antenati sulle isole della Polinesia. Prima abitavano in un paese lontano al di là dal mare.

Altri elementi: furono diversi gli elementi che convinsero Thor Heyerdahl che nel 500 d.c. una civiltà proveniente dal Perù arrivò fino in Polinesia.
Questi elementi per la comunità scientifica, tuttavia, erano di secondaria importanza, rispetto al fatto che si riteneva impossibile che le zattere utilizzate da tale civiltà fossero in grado di resistere alla navigazione nell'Oceano.
Thor Heyerdahl era così sicuro della sua teoria, che decise di costruire una zattera di legno di balsa, per affrontare l'Oceano su di un'imbarcazione come quelle utilizzate da quell'antica civiltà.
Ci riuscì. Approdò, dopo quattro mesi di navigazione, sullo scoglio di Raroia, il 7 agosto 1947.

Thor Heyerdahl raccontò le vicende della spedizione in un libro: Kon-Tiki. 4000 miglia su una zattera attraverso il Pacifico.

ANDORA

La storia

Ancora una volta è la tradizione antica di secoli a suggerire l’origine di un insediamento. Nel caso di Andora sarebbero stati addirittura i Focesi, popolo greco originario della Focide, a fondare Andora nel 753 a.C. usandola come approdo per il commercio del sale che estraevano dai giacimenti della vicina Corsica. Successivamente, giunsero i Romani dei quali ancora oggi ammiriamo le monumentali testimonianze; ne è un esempio il tracciato della via Julia Augusta che vicino al castello attraversa il torrente Merula, con un ponte di ben dieci arcate. I secoli successivi alla caduta dell’Impero romano vedono l’avvicendarsi di Longobardi, Vandali e Visigoti il cui dominio terminerà nel 773 con l’arrivo di Carlo Magno. La leggenda narra che anche qui, con il suo destriero, giunse Aleramo, capostipite di quegli Alerami che dominarono vasti possedimenti nella regione ed oltre. Si succederanno poi i Del Vasto, i Del Carretto e i Clavesana i quali fecero costruire nel 1170 l’attuale castello che sovrasta la valle e il torrente Merula. Il maniero nel 1237 passò ai Doria e infine fu ceduto alla Repubblica di Genova nel 1252. Vicino al castello sorgeva il nucleo originario di Andora, circondato da mura, che nel 1321 fu centro di una violenta battaglia tra guelfi e ghibellini. Si dice poi che il borgo fu abbandonato a causa di due terribili pestilenze: la prima nel 1493 e la seconda nel 1524.

 

Da vedere e da… ascoltare

Andora è ricca di storia e testimonianze del passato. Ecco una breve carrellata: chiesa dei Santi Giacomo e Filippo [detta “a Gesa de Castellu” (XIII secolo) con tre navate e tre absidi e la bella arcata del portale a tutto sesto], Porta-Torre Campanaria [risalente al XIII secolo, conserva internamente un affresco del XV secolo], il Ponte Romano [lungo 100 m. e largo 2 m., con la struttura a “schiena d’asino” a dieci arcate], l’Oratorio di S. Nicolò [risalente al 1000 o prima che insieme a quello di S. Caterina dei Disciplinanti vide le antiche processioni delle Confraternite Religiose innalzare la notte salmi e preghiere alla luce tremula delle lanterne], il Torrione Saraceno [del XVI secolo], la chiesa della Santissima Trinità [in frazione Rollo, risalente al 1600, ma edificata sull’antico oratorio del 1300 fondato dalle popolazioni provenienti da Briga e da Tenda scampate alla peste], la chiesa dei santi Giacomo e Filippo dove nelle belle sere d’estate potrete assistere ai numerosi concerti organizzati per la rassegna dell’Estate Musicale di Andora.

 

Antiche leggende

È la chiesa di S. Giovanni con l’ingresso posto stranamente a monte, contrariamente all’ordine prestabilito nelle costruzioni religiose, che ci ricorda un’antica leggenda. Si dice che proprio nella chiese venne assassinato un nunzio apoastolico inviato dallo stesso papa; sarebbe così giustificato secondo una nota tradizione, lo spostamento della porta d’ingresso per dimenticare il misfatto. Il Papa però decretò anche la scomunica e questa scatenò un’invasione di formiche che non risparmiò nulla, neppure i neonati nelle culle. Poi avvenne il miracolo: da un pesco maturò un solo frutto che venne portato al Pontefice in segno di pace. La scomunica fu così ritirata.

 

Storie saracene

La storia narra della bella Andalora, ragazza del posto, che era promessa sposa a tale Stefanello. Un giorno arrivarono i Saraceni e la ragazza fu rapita dal principe Al Kadir e portata lontano. Stefanello non si arrese, li inseguì fino a raggiungerli; i due amanti si ricongiunsero, ma durante la fuga vennero però scoperti. A quel punto Andalora, vedendosi perduta, chiese a Stefanello di ucciderla pur di sfuggire ai suoi rapitori. Il ragazzo la pugnalò e con lei si gettò in mare morendo annegato con la sua amata. Negli anni successivi si dice che le anime dei due infelici vagassero per molto tempo fino a quando gli abitanti dei due villaggi diedero ai paesi i nomi di Andalora e Stefanello, mutati poi in Andora e Stellanello.

 

Sabba ad Andora

Le volete vedere? Se sì, allora dovrete andare presso U cianelun de basure che non è che un prato tra Andora e Stellanello dove si dice che le streghe si radunino la notte del venerdì.

 

Il serpente custode

È una leggenda tramandata oralmente sino ai giorni nostri quella secondo la quale una serpe con un ornamento d’oro sul capo sarebbe custode delle pinete di Turia vicino ad Andora. Reminiscenza forse di qualche divinità pagana?

 

Proverbi

“Se piove per la Candelòra, de l’inverno sémmo fòra”
(se piove per la candelora, dall’inverno siamo fuori).
“Santa Lesia, a notte cui longa che n ghe sia”
(Santa Lucia la notte più lunga che ci sia)

 


COLLA MICHERI

 

Thor Heyerdahl, la leggenda

Un paese piccolo e ridente, a ridosso dei primi colli tra Andora e Laigueglia; era la fine degli anni ’50 quando qui, si stabilì uno degli uomini “leggenda” del secolo scorso. Thor Heyerdhal, esploratore etnologo norvegese divenuto famoso per l’impresa del 1947, quando attraversò il Pacifico a bordo di Kon-Tiki, una zattera di legno. Da allora molti cittadini provenienti dai paesi del nord, sulle orme del proprio concittadino, si stabilirono nel paese ligure. Con l’impresa del 1947 volle dimostrare che l’Isola di Pasqua era popolata da sudamericani; gli occorsero 101 giorni di navigazione insieme ad un equipaggio di cinque uomini per raggiungere l’atollo di Raroa. Da questo viaggio trassero un film, premiato con un Oscar, e un libro che ebbe popolarità in tutto il mondo. Nel 1969 e nel 1970 si cimentò in altre due spedizioni per l’occasione con una barca di papiro chiamata “Ra”; l’intenzione era quella di attraversare l’Oceano Atlantico partendo dal Marocco. Il primo tentativo fallì, ma il secondo, sotto la bandiera dell’ONU, fu un successo. Nei suoi progetti c’era posto ancora per un ultima esplorazione: la ricerca di Asgaard, la mitica terra degli Asi, secondo le sue teorie, sepolta ad Azov, vicino al Mar Nero. Nato a Larvik nel 1915 si è spento a 87 anni dopo essere stato dimesso il 18 aprile 2002 dall’ospedale S. Corona di Pietra Ligure.

 

Aneddoto

Visitando Colla Micheri, nucleo di origine romana, avrete l’opportunità di conoscere una pagina di storia “internazionale”. Una lapide posta sulla porta della chiesa di S. Sebastiano ricorda Papa Pio VII che proprio qui sostò al ritorno dalla sua prigionia a Fontainebleau per opera di Napoleone (1814).

ANDORA - COLLA MICHERI

 

Durata:  3 - 4 ore.

Periodo consigliato: tutto l’anno.

Difficoltà:  molto facile.

Emergenze Naturalistiche, Storiche e Architettoniche:            vegetazione mediterranea, Colla Micheri, pineta di Pino d’ Aleppo, mulino a vento, panorama sull’intero golfo ligure, ruderi della chiesa medioevale di San Damiano, possibilità di osservare numerose specie di uccelli.

Descrizione dell’itinerario: Il percorso inizia in ambiente di macchia mediterranea nella quale vegetano l’Alaterno,  il  Pino d’Aleppo,  varie specie di ginestre, ed altre piante caratteristiche delle nostre zone costiere. Proseguendo si attraversa un piccolo bosco di roverelle e pini d’aleppo, giungendo ad una strada che porta prima in un vecchio uliveto, e dopo all’antico borgo medioevale di Colla Micheri (163 m. s.l.m.), posto in  stupenda posizione panoramica. Da Colla Micheri si giunge ad una delle più ampie e caratteristiche pinete di Pino d’Aleppo della nostra regione, seguendo il crinale si abbandona questa formazione vegetale, raggiungendo prima un antico mulino a vento, e successivamente un eccezionale punto panoramico aperto sull’intero golfo ligure. L’ultima parte del nostro itinerario conduce ai resti della chiesa di San Damiano. Il percorso “ad anello” consente di ammirare nuovi ambienti, sempre dominati dalla vegetazione mediterranea e popolati da una numerosa avifauna.

LAIGUEGLIA

Note storiche

È una classica cittadine ligure, oggi meta balneare, ma di antiche origini marinare; è nei budelli che si respira maggiormente quest’atmosfera in cui tradizione e sviluppo hanno trovato un buon compromesso; il turismo ha saputo dare un futuro florido alla comunità sostituendo attività oggi completamente scomparse quali la pesca del corallo, il commercio marittimo e l’artigianato. A testimoniare il trascorso delle nobili famiglie di Laigueglia e della loro ricchezza ci sono la parrocchiale di S. Matteo, risalente al settecento, e gli antichi palazzi. Sappiamo che nel medioevo fu dapprima feudo dei Vescovi di Albenga e che nel 1162 per volere del Barbarossa passò ad Anselmo de Quadraginta.

Le origini

Le origini di Laigueglia risalgono al periodo romano quando si chiamava Aquilia, l’abitato sorgeva nei pressi della già citata via Julia Augusta che da Laigueglia abbandonava il percorso sul mare per inerpicarsi sino a Colla Micheri. Nei secoli XII e XIII fu dominio di Genova e a quel periodo risalgono le massicce migrazioni di Catalani che si stabilirono sulla costa per dedicarsi alla pesca del corallo vicino a Capo Mele. I Catalani diedero origine a nuclei di famiglie che tuttora discendono dal ceppo; a Capo Mele, testimone di quel lontano periodo, è rimasta la Cappella della Madonna delle Penne.

Curiosità

Anche a Laigueglia le incursioni saracene non mancarono; a testimonianza delle difese di un tempo è rimasto il “Bastione di Levante” o “ del cavallo”, uno dei tre torrioni cinquecenteschi che stavano a guardia del borgo. Nel tempo questa fortificazione, costruita sulla spiaggia, fu adibita sia a carcere che a lazzaretto per i marinai con malattie infettive. Il torrione del Giunchetto, sovrastante Capo Mele, fu distrutto invece da Napoleone così come fu abbattuta la “torre di Mezzo” o “Castello” su cui sorse il Palazzo Rosso. Il cannone di bronzo di cui era dotata venne fuso per creare la campana della parrocchiale di S. Matteo.

San Bartolomeo al Mare

 

FLORA, FAUNA E SPIAGGE D'ORO

San Bartolomeo al Mare è adagiato lungo la costa, a levante da Imperia. Si può raggiungere in breve tempo con l’autostrada (casello omonimo), con la linea ferroviaria e le linee autobus e anche dall’aeroporto di Villanova d’Albenga. Situato in una posizione climatica davvero felice, San Bartolomeo al Mare è una tipica località ligure in grado di offrire mille volti che cambiano durante l’anno e capace di soddisfare le esigenze di ragazzi (discoteche e divertimenti della bella spiaggia sabbiosa), delle famiglie e dei meno giovani, grazie alla piacevole e rilassante passeggiata.
La parte più attrezzata si è sviluppata recentemente sulla sponda sinistra del Torrente Steria, in una zona pianeggiante tra la via Aurelia e il litorale. Camminando per i viali si incontrano numerose aree verdi con pini, gerani, bouganville, mentre dai giardini si possono sentire profumi i profumi degli alberi da frutto. Immancabili gli uliveti: una cittadina balneare come San Bartolomeo ne conserva 300/400 ettari. Moltissime le specie vegetali che si incontrano, così come gli esemplari di animali e soprattutto uccelli marini tipo berte, sule, gabbiani e, in migrazione, rondini di mare.
La spiaggia consentono attività sportive diverse che vanno dagli sport nautici (vela, windsurf) al beach volley, mentre sulla “terraferma” trovano posto campi da tennis, da calcio, da bocce e pallavolo, piscina e spazi per esercitarsi al tiro con arco. C’è poi il nuovo porticciolo turistico che sta consolidando la propria operatività, in grado di offrire diversi servizi alle imbarcazioni. Senza dimenticare una bella nuotata nel mare pulito (i moli frangono l’impatto delle onde e l’acqua bassa è una sicurezza in più per i bambini) o una bella escursione nel verde (a piedi, in bici o a cavallo). In mare si pescano orate, spigole, muggini e triglie. La cittadina si anima di turisti accolti nelle numerose strutture ricettivo-alberghiere presenti nella zona.
Spazio alla buona musica, invece, grazie ai numerosi concerti che si svolgono presso i Giardini della Pace, accanto al Lungomare, e sul sagrato della Chiesa della Madonna della Rovere (manifestazione la “Rovere d’oro”). In questo ambito è importante la rassegna “Musica e Teatro”, organizzata dal Comune con l’Arci Nuova Associazione, coniugando le migliori voci del teatro e la canzone d’autore. A Ferragosto, la sfilata notturna delle barche.
STORIA
Due sono i nuclei originari, sorti distanti tra loro dietro la via Aurelia. Il borgo della Rovere si trova sulla costa a ponente e il ritrovamento di reperti in ceramica fanno risalire la data di fondazione all’epoca romana.
Meno antico il nucleo di San Bartolomeo, situato nei pressi dell’autostrada. La storia di S.Bartolomeo al Mare segue quella della zona di Diano con la quale confina strettamente. Dalla fondazione di Marsiglia (600 a.C.), i Greci cercarono sempre più di rafforzare la pressione sulla Liguria occidentale benché non siano andati oltre Monaco. I Liguri Intemeli, abitanti la costa, opponevano una tenace resistenza anche se dovevano affrontare contemporaneamente le mire dei Liguri montani. Il culto principale era legato a Belenus, dio del fuoco cui erano consacrate le feste di maggio (purificazione del bestiame).

Al tempo prolificarono i “castellari”, fortificazioni strategiche sui poggi, e gli “oppida”, dove stavano i governanti. Dal 300 a.C. cominciarono le scorrerie celtiche; durante le guerre puniche, il territorio si schierò dalla parte dei Cartaginesi nemici dei Romani, a loro volta alleati dei Greci. Nel 13 a.C. grande impulso ebbe il progetto della via Julia Augusta che portò allo sviluppo della “mansio” di Diano, le cui estensioni sono ancora rintracciabili presso il Santuario di Ns della Rovere a San Bartolomeo al Mare. Con la decadenza dell’Impero romano, la costa imperiese cadde sotto le invasioni barbariche e le scorrerie saracene. Attorno all’anno Mille, per il terrore della fine del mondo si susseguirono le donazioni agli ordini religiosi e si crearono feudi sotto i vescovi. Dalla fine del ‘400 si consolidò la pesca del corallo, tanto che un secolo dopo nacque l’ “Impresa di Bosa” (dall’autorità sarda) tra Cervo, Diano e San Bartolomeo al Mare che costituivano una “barcarezza”, flottiglia di barche scortate per precauzione contro i pirati. Tra le imbarcazioni la tartana, il leudo, la polacca, la gondola, la feluca, il cutter, la lombarda. Nei secoli si alternarono la Repubblica di Genova e il Piemonte, poi la dominazione napoleonica e il ritorno al Regno d’Italia. Nel 1891 la popolazione residente era di 993 abitanti. Tutto l’imperiese, infine, soffrì la tragedia della Seconda Guerra mondiale.
ARTE E CULTURA
San Bartolomeo città turistica e città d’arte. Soprattutto le Chiese meritano attenzione da parte del turista. Il Santuario della Madonna della Rovere vanta un sagrato in ciottoli bianchi e neri, tipici dell’architettura ligure. All’interno tre navate separate da pilastri poligonali; tra le bellezze custodite una statua della Madonna, un Crocifisso ligneo (XV secolo), alcuni pannelli di un polittico ‘500 e una tavola della Madonna con il Bambino Gesù. Ogni pezzo ha una sua leggenda. La statua della Madonna sembra sia il risultato della trasformazione operata dalla Vergine su un bastone per indicare a un pastore di Rollo dove edificare il Santuario. Il Crocifisso, portato al ritorno dal Monastero di Mondovì da pellegrini francesi, rimase nel terreno e lì fu lasciato quando fu udita una voce che disse “dove sta la Madre può stare anche il Figlio”. La tavola fiamminga, invece, appare divisa in due parti: una sarebbe quella originale; l’altra, perfettamente combaciante, fu portata da un pescatore di Cervo che l’aveva misteriosamente rinvenuta sulla spiaggia. La volta centrale conserva l’ovale affrescato di Tommaso Carrega, impreziosito da stucchi ottocenteschi. Della facciata originale (rifatta in stile neoclassico) resta il portale in ardesia con la rappresentazione dell’Annunciazione. Dalla Chiesa, per via Dante, si raggiungono le abitazioni dell’antico nucleo. Tra gli abitati originari, vale una visita il borgo di Poiolo con l’ampia piazza e le palme che avvicinano alla scoperta dell’intimo Oratorio di Sant’Anna (‘600). Nell’area dello svincolo dell’autostrada Genova- Ventimiglia, ci si imbatte in San Bartolomeo dove spicca la Parrocchiale tardomedioevale con campanile cuspidato. Rifatto nel ‘600, il tempio fu danneggiato dal terremoto del 1887. Tra le opere all’interno, il polittico di Raffaele e Guido De Rossi che raffigura “San Bartolomeo e Santi” (1562). Dalla strada principale, una diramazione porta a Pairola, frazione piuttosto sviluppata grazie alla pesca del corallo e all’olivicoltura che le consentirono di svolgere un ruolo influente per l’economia della zona. All’inizio del paese si incontra la Chiesa della Madonna della Neve; più oltre la strada si fa largo tra le colline terrazzate e coltivazioni. Nel 1975 è stata scoperta una nave a circa 40 metri di profondità a un miglio dalla costa: lunga 30 metri e larga 6, con 14 contenitori in terracotta per trasportare il mosto e un migliaio di anfore per il vino.

SPECIALITA’ LOCALI
Per chi apprezza la buona cucina, le specialità del comprensorio dianese riservano sorprese a ogni piatto, grazie alla versatilità del prodotti tipicamente liguri. L’ingrediente principe per le portate è l’olio extravergine prodotto localmente e spremuto nei frantoio con metodi che conservano la bontà e del qualità dell’oliva “taggiasca”. Immancabile la citazione del pesto (ottenuto con basilico e aglio), ma è anche vero che l’olio evidenzia pure i sapori del pesce, della carne e delle verdure. Si possono gustare piatti a base di crostacei e molluschi, le acciughe ripiene, orate al forno, frittelle di bianchetti. Nell’entroterra predominano i gusti del bosco: funghi, frittate e minestrone di verdura, tagliatella di borragine, lumache, cima. Non mancheranno mai gli aromi liguri (maggiorana, timo, salvia, origano, rosmarino) né i piacevoli vini, su tutti il Vermentino (bianco secco, leggermente fruttato, riconosciuto dal marchio Doc).

Castelvecchio di Rocca Barbena (Sv)

 

La nascita del borgo risale all’XI secolo, quando i Clavesana vi eressero il castello; in seguito il centro divenne una roccaforte dei marchesi Del Carretto. Dopo la fondazione di Zuccarello entrò nella sua giurisdizione, ma continuò a mantenere una certa importanza. Nel 1623 passò ai Savoia, quindi alla Repubblica di Genova con una lotta che ebbe il culmine nell’assedio del 1672; in quell’occasione i soldati piemontesi (comandati da un avo di Vittorio Alfieri) si dovettero arrendere per mancanza d’acqua, dato che il castello pur godendo di una validissima posizione strategica, contava solo sulle piogge per il rifornimento idrico. Dopo la vittoria, Genova vi stanziò, nel ‘700, una guarnigione stabile. Successivamente le vicende di Castelvecchio si confondono con quelle del resto della vallata, fino all’annessione al Regno di Sardegna.

Da vedere: La costruzione più imponente e complessa è senza dubbio il castello, che sovrasta il borgo con la sua mole massiccia. Fu eretto nell’XI secolo e conserva gran parte dell’impianto originale, nonostante le numerose modifiche che lo hanno interessato. Dal piazzale d’ingresso si gode una splendida visione della vallata.

La Parrocchiale dell’Assunta ha subìto rifacimenti nel periodo barocco, ma il campanile con cuspide è dell’edificio originario.

L’intero borgo è molto interessante per la sua architettura, che dal Medioevo ad oggi ha subìto poche modifiche; si possono scorgere i resti delle torri della cinta muraria ed esistono diverse case-fortezze a testimonianza dell’origine strategica del centro. Le abitazioni presentano numerosi elementi “mediterranei”, come i tetti a cupola o a terrazzo e i muretti per raccogliere le acque piovane. Molto belli “ i carruggi” contorti e sovrastati dagli archi antisismici delle case, e curioso infine il piccolo cimitero a forma di cuore che sorge poco fuori dal paese.

 

 

I

i tipici carrugiE' l'ultimo dei borghi murati della Val Neva, avvolto a cerchio intorno al castello che lo domina.
Sulle pendici della Rocca Barbena, in posizione dominante la vallata, Castelvecchio ha sempre avuto un notevole valore strategico.
La nascita del borgo risale all'XI sec., quando i Clavesana vi eressero il castello; in seguito il centro divenne una roccaforte dei marchesi Del Carretto.
Dopo la fondazione di Zuccarello entro nella sua giurisdizione, ma continuo a mantenere una certa importanza.
Nel 1623 passo ai Savoia, quindi alla Repubblica di Genova con una lotta che ebbe il culmine nell'assedio del 1672: in quell'occasione i soldati piemontesi (comandati da un avo di Vittorio Alfieri) si dovettero arrendere per mancanza d'acqua, dato che il castello, pur godendo di una validissima posizione strategica, contava solo sulle piogge per il rifornimento idrico.
Dopo la vittoria, Genova nel '700 vi stanzio una guarnigione stabile. Successivamente le vicende di Castelvecchio si confondono con quelle del resto della vallata, fino all'annessione al Regno di Sardegna.

Escursioni: al Colle di Scravaion (m. 820 s.l.m.); alla Rocca Barbena (m. 1142), che domina il paese; al Pizzo Ceresa (m. 714) o al Poggio Grande (m. 802). Ricordiamo infine che nei pressi di Castelvecchio di Rocca Barbena passano l'11^ e la 12^ tappa dell'Alta Via dei Monti Liguri; il posto di tappa relativo e presso «Trekking Rocca Barbena», in frazione Giro di Loano (tel. 78053).

Il sito del museo dell’olio cliccare per vederlo

 

Università degli Studi di Genova
C. Montecarlo 40 - La Mortola
Biglietteria Informazioni Tel. 0184 229507

Nel 1867 il giovane Thomas Hanbury, che risiedeva nella Costa Azzurra, rimase affascinato dal promontorio verdeggianate che, a La Mortola. si protende nel mare in un rapido declivio. Egli decise di acquistano e progettò di farne un giardino di acclimatazione introducendovi piante esotiche provenienti dalle più lontane regioni del mondo. il suo acquisto che man mano si estese fino a un’area di 18 ettari, prevede va una zona coltivata e una lasciata a vegetazione naturale di tipo mediterraneo. Aiutato dal fratello Daniel, studioso di piante medicinali, da insigni botanici tedeschi e inglesi da valenti giardinieri residenti a La Mortola stessa e da altri chiamati dal nord Europa, egli portò avanti il progetto che aveva stimolato la sua iniziativa. Ristrutturata la vecchia villa dei Marchesi Orengo, tracciata una fitta rete di piccole strade e scalinate, il giardino via via si delineava in forme architettoniche originali e in spazi a vegetazione esotica. Sir Thomas divenne il "Mecenate" del La Mortola dove fece costruire anche una scuola; arricchì di fontane i villaggi adiacenti, volle donare all’Università di Genova una villa che, tuttora, rappresenta l’Istituto Botanico della Facoltà di Scienze. Alla morte di Thomas Hanbury, nel 1907, le sue ceneri vennero deposte in un mausoleo che si trova nel giardino.
La sua opera fu continuata da suo figlio Cecil e dalla moglie Dorothy. Venne sfilato un catalogo pubblicato dalla Oxford University Press, che contava allora 6000 specie.
Scoppiò la guerra, il magnifico complesso subì gravi danni non fu più possibile restituire al giardino lo splendore iniziale. Nel 1960 Lady Dorothy decise di vendere la proprietà allo Stato Italiano.
L’istituto di Studi Liguri di Bordighera cui fu affidato. tentò di farlo rinascere, ma la mancanza di fondi non permise una ristrutturazione del complesso. Nel 1987 le consegne del giardino passarono all’Università di Genova. L’aspetto botanico viene ora curato da un direttore, un curatore, una dozzina di giardinieri e un gruppo di tecnici, mentre il ripristino delle strutture è affidato alla Sovraintendenza per i Beni Culturali e Architettonici

L’ANTICO PRINCIPATO DI SEBORGA,
1079 AD
IL PRINCIPATO DEI FIORI

 

 

L'Antico Principato di Seborga si trova sulle colline della Liguria di Ponente, sulla rinomata Riviera dei Fiori, a pochi minuti dall’autostrada Nizza/Genova.

Da come era nel X°secolo – quando i territori delle attuali Bordighera, Vallebona, Vallecrosia ed altri ancora facevano parte del Principato – oggi il Principato occupa 14 km² di soavi colline ricoperte di fiori e vegetazione.

Click for larger versionLa "capitale" SEBORGA, che ospita 362 abitanti su una superificie di 4 km² oltre ai 2000 residenti esteri dell’antico Principato, é amministrata dal suo proprio Comune con il Sindaco e la Giunta comunale.


La capitale, trovandosi a 522 m. di altidudine sul livello del mare, gode di un clima particolarmente mite, dove le foschie mattutine del Mediterraneo (3 Km. in linea d’aria) guidano i visitatori nella scoperta delle mura del vecchio castello a quattro torri (Castrum Sepulcri).

La sua vista imprendibile copre la costa di Bordighera, il vicino Principato di Monaco e la Costa Azzurra francese.

Le città vicine come Bordighera, Vallecrosia e Camporosso sono una parte esistente di cio’ che era una volta il Principato e sono oggi centri in piena espansione ricchi di bei negozi ed eccellenti ristoranti.

Il Principato di Seborga è un po’ per il Principato di Monaco quello che Andorra è per la Francia, un posto fuori dal comune, carico di storia, vicino alla natura, con un’atmosfera particolare cara ai grandi artisti come Monet.

Il 20 agosto, data in cui San Bernardo e la sua processione sfilano tra le mura, i Seborghini celebrano la loro Festa Nazionale. Eventualmente in questa occasione S.A.S. Giorgio I procede alla cerimonia di investitura dei suoi Cavalieri.