L’ABBIGLIAMENTO
SWAHILI
Prima di tutto bisogna fare una
precisazione, anche se a lingua swahili è estremamente diffusa, non altrettanto
lo è quella che possiamo chiamare la cultura swahili, data dall’intreccio tra
le culture arabe nere e persiane che si è formato particolarmente sulla costa
orientale dell’africa.
Perciò mentre se si intende l’abbigliamento
delle popolazioni che parlano swahili si va in un campo estremamente vasto,
parlando d’abbigliamento per la cultura swahili possiamo restringere l’ambito
ai vestiti individuati dalla lingua swahili di base, che è spesso legata
all’islamismo di base importato in africa.
Partiamo perciò dai termini previsti per i
vestiti:
vestito sm
1 (-/-) nguo;
(cotonata di colore scuro usato dalle donne
sotto il vestito) kaniki;
(parte anteriore o posteriore del vestito)
badani;
(pezzo di stoffa usato dalle donne come
vestito) kanga;
(vestito formato da giacca e pantaloni)
suti;
(vestito vecchio) kibapari;
(lungo vestito usato dagli uomini) kanzu.
(sarong a strisce colorate) kikoi
2 (-/ma-) vazi;
(vestito femminile) rinda;
(vestito nero da donna) buibui
Segue qui di seguito qualche maggiore
spiegazione
kanga/khanga: si
compone di due pezzi identici di stoffa, uno annodato intorno alla vita scende
alle caviglie e l’altro ricopre la testa e cade sulle spalle velando la parte
superiore del corpo. Ci sono diversi modi di indossare il khanga. Nato e
creato per le donne, il kanga ritrova la sua originalità nella scritta
riportata in basso. I messaggi in swahili toccano importanti sfere della vita:
norme sociali ed etiche, sessualità, religione e politica. Riflettono, dunque,
le abitudini e i sentimenti della cultura dalla quale provengono e per la quale
sono stati prodotti. Per l’identità culturale delle donne in Kenya e in
Tanzania, i
kanga giocano un ruolo significativo di
comunicazione e integrazione, in particolare a Zanzibar e nelle regioni
costiere, dove per circa cento anni hanno rappresentato un elemento distintivo
nell’espressione simbolica della cultura swahili.
buibui: vestito
nero senza maniche, che copre il corpo dalla testa ai piedi. Portato
generalmente su un vestito, è uno dei primi regali offerti alle spose
kaniki:
vestito indossato dalle donne considerate di appartenenti ad un ceto sociale
inferiore. Anticamente era il vestito indossato dalle schiave durante la
deportazione.
kanzu: vestito
femminile e maschile, di cotone bianco o ocra chiaro, a maniche lunghe, senza
collo e senza tasche. Copre il corpo, dalle spalle alle caviglie, e si porta generalmente
per andare alla Moschea del Venerdì. Le giovani generazioni preferiscono gli
abiti di tipo europeo (pantaloni, camicie), e riservano il kanzu per le
grandi occasioni.
kikoi: pezzo
di stoffa di cotone rettangolare spesso di cotone chiaro e orlato di strisce
colorate, che gli uomini annodano intorno alla vita e che copre le gambe fino
alle caviglie.
Dell’abbigliamento
femminile fa anche parte la decorazione fatta con l’henna delle mani, dei piedi
e di altre parti del corpo