La TOSCANA ETRUSCA E MEDIOEVALE

 

 

PROGRAMMA

 

PARTENZA 28 OTTOBRE

RIENTRO 1 NOVEMBRE

 

Mezzi – auto dei partecipanti guidate daglii stessi

Pernottamenti - presso agriturismo in località Ulignano (VOLTERRA) in appartamenti  (ottimizzazione letti disponibili) con uso cucina.

Colazioni – autocucinate presso l’agriturismo

Pranzi e cene – autocucinat presso l’agriturismo o presso ristorantini locali

Luoghi visitati – VOLTERRA, S.GIMIGNANO, MASSA MARITTIMA, SIENA.

Esperta culturale durante le visite alle città

 

LA GITA – Andiamo alla scoperta, per chi non le conosce, o alla riscoperta, per chi le ha viste magari affrettatamente, di queste affascinanti città dalla antica storia (fino a 3000 anni). Facciamo base presso un agriturismo situato poco distante da tutti questi posti e, giorno per giorno, dedicheremo loro il tempo e l’attenzione che meritano. Decideremo di giorno in giorno il giro da fare e, se ci sarà l’interesse, potremo anche arricchirlo.

ECCEZIONALE, PER CHI PRENOTA PER TEMPO, POSSIBILITA’ DI CENA CON I CONTRADAIOLI DI SIENA E VISITA DELLA CATTEDRALE DI CONTRADA (15.00 € da cassa comune)

 

 

QUOTA DI PARTECIPAZIONE : € 125.00

COMPRENDE           - il pernottamento presso l’agriturismo (5 giorni, 4 notti),

- l’assistenza di una esperta culturale;

- polizza assicurativa Europassistance 

                               -.lenzuola, coperte, asciugamano e riscaldamento presso gli appartamenti

NON COMPRENDE:-  Trasferimenti con le proprie auto e biglietti autobus e treno; colazioni, pranzi e cene; eventuali biglietti di ingresso a musei o altro.  Comunque qualunque altro servizio e prestazione non indicato nella voce  COMPRENDE

Al momento delle partenza verrà costituita una cassa comune per queste spese di € 150,00 a testa che riteniamo sufficienti per coprire le spese di carburante, autostrada e vitto nello spirito di avventure nel mondo. La gestione di queste spese avverrà di comune accordo, nel caso l’importo versato non bastasse, i partecipanti si impegneranno a coprire la differenza.

 

ADESIONI-ANTICIPI:

L'iscrizione sarà considerata solo con il versamento di  50,00 EURO tassativamente, entro il 15/10/06 (le modalità vi verranno comunicate al momento dell’iscrizione).

Al momento dell’adesione specificare se Offro-Cerco posto auto, in modo da ottimizzare i mezzi disponibili.

 

ORGANIZZAZIONE TECNICA VIAGGI NEL MONDO SRL

Il partecipante dichiara di aver preso visione delle Condizioni Generali di Partecipazione ai Viaggi contenute nel catalogo pubblicato dalla Viaggi nel Mondo

 

INFORMAZIONI

Per prenotazioni e informazioni inviate una e.mail a: GUIDO PLATANIA  - gp@helponline.it  -  tel 335/208784

 

Maggiori dettagli sul sito: http://www.angolodellavventura.com/regioni/lombardia/progetto

               nella sezione VITA DELL’ASSOCIAZIONE

 

SIENA

La Storia / The History

Situata a 322 mt. sul livello del mare nel cuore della Toscana, questa cittࠠcostruita su delle colline, mantine intatta la caratteristica apparenza medievale, con vicoli stretti e nobili palazzi ognuno ricco di storia.

Situated 322 m. above sea level in the heart of Tuscany, this town is built on three hills, maintaining intact its medieval appearance characterized by narrow winding streets and noble buildings.

Palazzo Salimbeni

 

Siena i origine etrusca, tata colonia romana con il nome di Sena Julia; la sua massima importanza l'ha avuta nel medio evo, prima sottomessa dai Longobardi e poi passata sotto il dominio Carolingio. Dopo un lungo periodo di dominio episcopale (dal 9? all' 11? secolo) la citt࠲aggiunse il suo massimo splendore dopo essere divenuto un Comune autonomo (1147), adottando una politica espansionistica nei confronti dei territori limitrofi. Il confronto con Firenze divenne inevitabile e la guerra duron varie vicissitudini, fino al 1555, quando dopo un lungo assedio, Siena fu conquistata dai fiorentini, perdendo cosa propria autonomia e diventando parte del Granducato di Toscana, condividendone le sorti

S.Domenico

 

Siena si trova al centro di un vasto paesaggio collinare, tra le valli dei fiumi Arbia a sud, Merse a sud-ovest ed Elsa a nord, tra le colline del Chianti a nord-est, la Montagnola ad ovest e le Crete Senesi a sud-est. E capoluogo di provincia, sede arcivescovile e sede universitaria. E una città adagiata su tre colli, nel cuore della Toscana, posizionata in una ricca zona agricola. Si trova ad unaltitudine di 322 m. s.l.m. Il clima è mediterraneo, caldo, asciutto e ventilato. A settembre può fare ancora molto caldo e a volte anche ad ottobre, che pertanto si presta ad essere un ottimo periodo per visitare la Toscana.

Questa città costruita su delle colline, mantiene intatta la caratteristica apparenza medievale, con vicoli stretti e nobili palazzi ognuno ricco di storia. Fu fondata come colonia romana al tempo dell'Imperatore Augusto e prese il nome di Saena Julia. La leggenda narra che Siena fu fondata da Senio ed Ascanio, figlio di Remo, famoso fratello di Romolo, col quale fondò Roma. Statue della lupa che nutre i due gemelli sono sparse per tutta Siena, ma senza un fondamento storico. Invece è certo che i Romani vi avessero stabilito nel 30 d.C. un avamposto di nome Siena, che si sviluppò negli anni a seguire in un piccolo centro di scambi commerciali.

I Lombardi arrivarono nel secolo VI d.C. ed in seguito anche i Franchi governarono la città. Furono svolti grandi lavori, tra i quali il più importante fu la realizzazione della Via Francigena, la strada che collegava Roma alla Francia, percorsa da pellegrini e viandanti; questo aumentò notevolmente l'importanza commerciale di Siena. In quel periodo anche la Chiesa era attivamente coinvolta nel governo della città, in particolare tra i secoli IX e XI, dopo i quali i Senesi reclamarono il loro diritto a governare ed amministrare la loro città.

La crescente potenza economica e militare della città dette luogo ad inevitabili scontri tra Siena e Firenze, al momento in cui entrambe cercarono di espandere i loro territori. Ci furono molte battaglie fra le due città tra i secoli XIII e XV: alcune furono vinte da Siena, ma Firenze riuscì a prevalere e Siena fu incorporata nel territorio e nell'amministrazione fiorentini.

Nonostante le dispute, all'esterno con i confinanti e all'interno per il governo, negli anni tra il 1150 ed il 1300 grandi artisti ebbero l'occasione di fiorire e la città fu adornata da meravigliosi monumenti, quali il Duomo, il Palazzo Pubblico e la Torre del Mangia. Dietro la realizzazione di molti di questi lavori, ancora oggi noti e visibili, si trovava spesso il Consiglio dei Nove, un munifico corpo governativo, attivo verso la metà del secolo XIII.

Purtroppo, proprio quando i cittadini di Siena stavano progettando un ampliamento del Duomo, un'epidemia di peste si abbatté sulla città, uccidendo i 3/5 della popolazione. Il recupero della città in seguito fu lento e difficile. Un variegato gruppo di governanti, tra i quali l'Imperatore Carlo V e Cosimo I de Medici, tra i secoli XIV e XIX fece crescere la potenza economica di Siena, anche grazie alla famosa banca del Monte dei Paschi di Siena, che ha garantito impiego e sicurezza ai cittadini senesi attraverso i secoli. Siena festeggia il suo Santo patrono il 1 dicembre, Sant Ansano.

La città ha circa 54.498 abitanti. Oggi Siena prospera sulla combinazione tra finanza, turismo e artigianato, grazie soprattutto alla sua meravigliosa eredità artistica.


selva

Bubbolo

Chissa' per quale motivo i palii corsi dopo le lunghe e dolorose interruzioni belliche sono sempre drammatici e turbolenti. Successe il 20 agosto 1945 quando il palio della pace, voluto a furor di popolo, fu caratterizzato da vari episodi di violenza con il drappellone ridotto in brandelli dai brucaioli inferociti. Ancora piu' cruento fu invece il palio del 16 agosto 1919, con le quattro verdi in piazza e con l'accoltellamento del noto fantino aldo mantovani detto "bubbolo". Su questo episodio esiste piu' di una versione, infatti non e' mai stata fatta chiarezza assoluta sull'accaduto, comunque i fatti che riportero' di seguito sembrano quelli piu' credibili. Il prologo del fattaccio si ebbe, con tutta probabilita' nel palio di luglio di quell'anno, vinto dal leocorno con cispa e giacca. Bubbolo corse un buon palio nella selva, considerando lo scarso valore del cavallo, ma non riusci' a contrastare l'azione dei vincitori e non ottenne molto neanche dai partiti, condizionati dal fatto che aveva vinto una contrada piccola. Per questo motivo la mancia di bubbolo al barbaresco della selva, tale calvani, fu alquanto misera e suscito' il malcontento del selvaiolo che non perdono' la mancanza del fantino. Si arrivo' al palio dell'assunta, i migliori cavalli toccarono alla selva ed alla tartuca. I selvaioli cercarono subito di montare bubbolo, il quale pero' preferi' andare nella tartuca, suscitando le ire di molti contradaioli. Dopo la prima prova, corsa da un giovane, nella selva arrivo' il blasonato nappa, il quale pero' fu sostituito perche' ritenuto venduto alla tartuca. Alla provaccia a vestire il giubbetto arancio verde fu il giovane randellone, il quale forse per precise indicazioni della dirigenza della selva durante la corsa provoco' in maniera palese bubbolo. I due scesi da cavallo se le diedero di santa ragione dando inizio ad una rissa che coinvolse molti contradaioli della selva e della tartuca. In seguito a questi fatti, per evitare ulteriori tumulti, le autorita' decisero di squalificare immediatamente i due fantini.le due contrade furono costrette a cercare in fretta una nuova monta. Nella selva arrivo' ben presto domenico leoni detto "moro", questo a conferma che il lavoro fatto da randellone era ben studiato e finalizzato ad estromettere dalla carriera il temibile bubbolo, la tartuca fu invece costretta a montare il grande meloni, nonostante questi avesse corso il palio precedente nella chiocciola, peraltro con lo stesso cavallo. La notizia della squalifica fu presa molto male da bubbolo, il quale era sicuro di vincere. Poco prima dell'ingresso in piazza del corteo storico si reco' insieme ad alcuni congiunti nella selva. I motivi di questa decisione non sono chiari, secondo alcuni bubbolo si reco' in vallepiatta per cercare randellone, altri dicono che l'intento di mantovani era quello di danneggiare il cavallo per vendicarsi dei selvaioli che l'avevano osteggiato in tutti i modi. Arrivato a destinazione il piccolo gruppo si trovo' di fronte un manipolo di selvaioli, tutti ben conosciuti da bubbolo, la discussione presto degenero' volarono pugni, calci, bastonate, fino al momento in cui sbuco' l'ex barbaresco calvani, il quale sferro' una coltellata al fantino, forse per vendicarsi dei fatti del luglio precedente. Ben presto la rissa si placo', un po' per la vista del sangue, un po' perche' il palio incombeva. Mentre bubbolo si trovava in ospedale in gravi condizioni, la selva vinse il palio davanti alla tartuca che dovette subire il duro ostacolo della chiocciola. Con il drappellone arrivarono in vallepiatta anche i carabinieri, i quali arrestarono il calvani e prelevarono alcuni dirigenti selvaioli che furono sentiti come testimoni. Ma come finirono i protagonisti di questa sanguinosa vicenda paliesca. Calvani resto' qualche tempo in galera ed in seguito gli fu riconosciuta l'attenuante della provocazione, addirittura pare che molti anni dopo sia stato scagionato da un altro selvaiolo che in punto di morte si accollo' tutta la colpa. Bubbolo torno' a correre il palio nel 1920, vinse altre due volte nel 1926 e nel 1931 e addirittura nel settembre 1928 torno' a vestire il giubbetto della selva !!!

Forse il conto piu' salato di questa vicenda lo pago' proprio la selva che ritorno' al successo solo nel 1953, dopo trentaquattro anni dalla maledizione di bubbolo...

VOLTERRA - La storia

Composizione fotografica. Da sinistra: veduta aerea del teatro romano e delle terme; particolare di urna etrusca (testa femminile); porzione di carta geografica medievale; la Porta all'Arco

 

Tremila anni di storia a Volterra

Poche città al mondo, al pari di Volterra, sono in grado di offrire un'immagine nitida del tempo passato e del susseguirsi delle civiltà.
 
Come il terreno è contraddistinto dal sovrapporsi dei segni delle ere geologiche che costituiscono la millenaria storia della terra volterrana, così l'impianto urbano mostra tracce del lento sovrapporsi delle opere dell'uomo che ne hanno modificato, in tremila anni, l'assetto originario.

 

Foto storica: arrivo di Vittorio Emanuele III a Volterra (6 ott. 1903) sul viale dei Ponti.

 

La storia volterrana percorre varie tappe suddivisibili in quattro principali periodi:

il periodo etrusco e romano

 

 

il sito archeologico dell'acropoli etrusca - particolare di resti in muratura della fondazione di un tempio

Le descrizioni di Volterra, offerte dalla letteratura di tutti i tempi ci mostrano una città posta su un'altura, circondata da mura, dominante un vasto e immenso territorio: e infatti da qualunque parte ci si avvicini alla città, il profilo di Volterra, adagiata su un contrafforte collinare del periodo Pliocenico, a m. 541 s.l.m. domina il territorio circostante delimitato dal massiccio del Montevaso, dai cordoni dei Cornocchi e delle Colline Metallifere.
La posizione privilegiata del colle, posto alla confluenza della val di Cecina e della val d'Era, la naturale defendibilità del luogo nonché le caratteristiche ambientali e le risorse minerarie presenti nel territorio, favoriscono fin dal periodo Neolitico i primi insediamenti umani, sicuramente documentati dai copiosi reperti litici rinvenuti sul contrafforte volterrano e in particolare nella zona di Montebradoni.

 

 

 

arte etrusca - particolare del coperchio di un'urna funeraria raffigurante busto femminile a tutto tondo

Il periodo etrusco

Ma si deve agli Etruschi nel secolo VII, se concludendo il processo di aggregazione tra i vari insediamenti del colle volterrano, essi danno vita alla città di Velathri costruendo nel IV sec. la grande cinta muraria il cui perimetro, di oltre sette chilometri lascia supporre che insieme all'habitat racchiudesse anche terreni a pascolo e a coltivazione, capaci di assicurare alimenti in caso di prolungati assedi. Infatti, Volterra, divenne una delle dodici lucomonie che formarono la nazione etrusca, con un territorio che si estendeva dal fiume Pesa al mar Tirreno e dall'Arno al bacino del fiume Cornia; inoltre, nel VI sec., divenne la più importante base strategica della valle inferiore dell'Arno sia per la spinta romana dal sud, sia per l'invasione gallica dal nord.

 

particolare della cinta muraria con la "Porta all'Arco", porta etrusca con arco a tutto sesto, ornato da tre teste in tufo

 

 

Il periodo romano

Agli inizi del III sec., lo scontro decisivo del lago Vadimone (283 a. C.) segnò la definitiva rinuncia dei popoli dell'Etruria alla lotta contro Roma: Volterra sottomessasi ai Romani verso il 260, entrò a far parte, insieme ad altre città, della confederazione italica. Da un noto passo di Livio relativo agli approvvigionamenti che l'esercito di Scipione ricevette da alcune città etrusche, durante la seconda guerra punica nel 205 a. C., sappiamo che Volterra contribuì con legnami per le navi e principalmente con frumento, prodotto che presuppone una fondamentale attività agricola di tipo estensivo. Nel 90 a . C. con la Lex Julia de Civitate, Volterra ottenne la cittadinanza romana, fu iscritta alla tribù Sabatina e costituì un florido municipio i cui supremi magistrati elettivi ordinari e straordinari si trovano menzionati in varie iscrizioni. Scoppiata la guerra civile, Volterra seguì le sorti del partito di Mario; la città sostenne per due anni (82 - 80) un lungo assedio contro Silla, finché, stremata, dovette arrendersi.

particolare di iscrizione lapidea riportante la scritta CAECINA

Le conseguenze della sconfitta furono gravi, ma non irreparabili: grazie sia all'azione moderatrice di Cicerone sia al grande potere economico e ai rapporti con personalità di spicco della vita politica romana di alcune delle maggiori famiglie volterrane che riuscirono a superare i torbidi, conseguenti all'assedio e alle rappresaglie sillane (81 - 79 a.C. ); tra queste soprattutto i Caecinae che sono in posizione spesso di prestigio, come A. Caecinae Severus, consul suffectus nell'anno I a. C., al quale si deve la dedica del teatro romano di Vallebona.
Con l'ordinamento territoriale augusteo, Volterra costituì uno dei municipi della VII ragione, l'Etruria e, nel V sec., alle prime invasioni barbariche la città strutturatasi in forme castrensi, era già sede vescovile a capo di una diocesi che ricalcava i confini del municipium romano e della lucomonia etrusca e costituiva una delle circoscrizioni ecclesiastiche più importanti della Tuscia Annonaria.

 

vista aerea del teatro romano: si notano la cavea, la scena e, sullo sfondo, i resti del complesso termale

 

il Medioevo

 

Assoggettata dagli Eruli e dai Goti, ospitò successivamente un presidio bizantino e, durante il regno longobardo, divenne sede di gastaldo, facendo parte della dotazione del re. Nel periodo più oscuro delle invasioni, appare la leggendaria figura del vescovo Giusto, patrono da Volterra, che, insieme ai compagni Clemente e Ottaviano, si rese benemerito della città a causa di imprese civili e religiose cui dette luogo durante la sua vita. Nei IX-XI sec., per il favore degli imperatori carolingi, sassoni e franconi, inizia e si sviluppa la signoria civile dei vescovi volterrani, che, esenti dalla giurisdizione comitale e forti di privilegi e immunità, finirono per imporre la loro civile autorità non solo in Volterra ma anche su molti popoli della diocesi.

 

Bassorilievo in pietra dello stemma comunale di Volterra

Contemporaneamente, il risveglio economico generale, di cui appare qualche barlume negli ultimi tempi longobardi, porta la città ad essere il polo di focalizzazione non solo degli interessi religiosi, ma anche della vita sociale, economica e giurisdizionale del contado: i quattro mercati concessi dagli imperatori carolingi durante il IX sec. in concomitanza ad altrettante feste religiose, oltre a dimostrare la ripresa dei traffici e dei commerci nel territorio volterrano, rivestono una grande importanza, essendo mercati franchi, esenti da gabelle.

 

Dipinto del medioevo che raffigura madri con bambini

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Il libero comune e i vescovi-conti

Edificio merlato: il trecentesco Palazzo dei Priori, il più antico della Toscana, con la caratteristica torre campanaria a pianta pentagonale irregolare

L'aumento della popolazione (dopo l'anno Mille) al termine delle ultime invasioni ungare e la fine dei conflitti fra Berengario I e Alberto marchese di Toscana che portarono alla quasi totale devastazione di Volterra, provocano la nascita dei primi borghi che si addensano ai margini della zona del Castello: il borgo di Santa Maria (attuale via Ricciarelli) e il borgo dell'Abate (attuale via Buonparenti e via Sarti), l'uno perpendicolare l'altro parallelo alle mura castellane. Ma nella prima metà del XII sec. Volterra si organizza in libero comune, pronto a lottare con il vescovo per il possesso della città e delle ricchezze del suo territorio: consapevole che il maggior provento della città è la produzione del sale di sorgente, acquista diritti sullo sfruttamento delle Moie nonchè molti diritti sul'estrazione dello zolfo, del vetriolo e dell'allume nella zona di Larderello, Sasso e Libbiano.

 

Particolare della Torre del Porcellino; è visibile, poggiato su una mensola esterna, la scultura a tutto tondo raffigurante un maiale o un cinghiale.

La lotta tra il vescovo e il comune fu lunga ed aspra ed ebbe il suo culmine con i tre vescovi della stessa potente famiglia dei Pannocchieschi: l'esito dello scontro fu favorevole al comune, ma ben presto Volterra dovette fare una politica tutta rivolta alla sua conservazione e molto conciliante verso Pisa, Siena e soprattutto verso Firenze.
Dal punto di vista urbanistico si assiste ad una riorganizzazione dell'insediamento che configura in maniera pressocchè definitiva la città. La prima iniziativa importante è la edificazione della nuova cinta muraria che sostituì quella etrusca del IV sec. a. C. troppo ampia per assicurarne le difese visto il numero della popolazione residente: il lavoro occupò il comune fino dai primi anni dell Duecento e impegnò ingenti risorse economiche. Contemporaneamente alla costruzione delle mura nuove sorgono il palazzo del Popolo, poi dei Priori e la sistemazione della piazza dei Priori, la "platea communis" già chiamato Prato.
E intorno al Prato sorgono fin dai primi anni del XIII sec. le prime costruzioni a torre fra cui quella detta del Porcellino che diventò in seguito la sede del Podestà. Il palazzo dei Priori iniziato nel 1208 da maestro Riccardo, fu terminato nel 1257 sotto il Podestà Bonaccorso Adimari, come si legge nella lapide appoista sulla facciata. Il complesso sorgeva isolato: un chiasso, chiuso in epoca posteriore lo divideva dal Duomo; l'accesso avveniva da due arcate che davano su di un ampio loggiato terminato da un Arengo.
Anche il Duomo e il Battistero che costituiscono l'altro nucleo urbano importante, subiscono grandi lavori di ristritturazione: l'ingrandimento e la decorazione esterna della facciata della Cattedrale viene assegnata dal Vasari a Nicola Pisano nel 1254.

 

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La guerra con Firenze

Palazzo dei Priori - particolare di stemma gentilizio apposto sulla facciata

Palazzo dei Priori - particolare di stemma gentilizio apposto sulla facciata

 

Intanto, il contrasto tra il temporalismo ecclesiastico e le istituzioni comunali favorì agli inizi del XIV sec. il sorgere di condizioni adatte per l'affermazione di una Signoria e Ottaviano Belforti assunse il ruolo di signore della città. Il governo personale dei Belforti finì miseramente nel 1361, anno in cui, uno dei suoi membri, fu decapitato nella pubblica piazza per aver pattuito la vendita della città a Pisa. Ma la fine dei Belforti fu anche il disastro della città: i fiorentini, venuti da amici per aiutare i volterrani a liberarsi della tirannide, pretesero, come compenso, la custodia della Rocca e l'esclusione dai pubblici uffici di uomini legati in qualche modo a Volterra, ad eccezione dei loro concittadini. La repubblica volterrana, nonostante la formale proclamata indipendenza, divenne suddita di Firenze, che sempre di più mostrava interesse non solo alle ricchezze naturali controllate dalla città, ma anche alla sua ubicazione che poteva costituire un fortissimo baluardo avanzato contro la repubblica nemica di Siena: se ne ebbe una conferma, quando la repubblica fiorentina estese anche al territorio volterrrano la legge sul catasto, contrariamente ai patti convenuti tra due le parti. Seguirono gravi agitazioni di popolo contro la legge e Giusto Landini, patrizio popolare, pagò con la vita la sua opposizione alla politica egemonica di Firenze. Antagonismi di interessi privati, rivalità e invidie, animosità ed avversione di famiglie e di classi, l'interesse personale di Lorenzo dei Medici causarono l'inutile guerra delle Allumiere, terminata con il sacco di Volterra nel 1472, ad opera delle milizie del duca di Montefeltro.

Veduta parziale della Fortezza Medicea e di Porta a Selci

Assorbita nello stato fiorentino, la città fu sottoposta ad un duro trattamento che provocò l'emigrazione di molte famiglie facoltose e la conseguente alienazione dei beni a prezzo di fallimento. Il segno visibile del dominio fiorentino in Volterra è la costruzione tra il 1472 e il 1475 del Mastio, la Fortezza voluta da Lorenzo il Magnifico per controllare contemporaneamente la città e costituire una roccaforte verso il territorio senese.

il Rinascimento

Foto della Fortezza Medicea

Il periodo rinascimentale

Mentre si operava nelle difese, le grandi famiglie volterrane dettero il via a numerose trasformazioni dei loro palazzi secondo i modelli elaborati dalla cultura architettonica fiorentina. La probabile presenza di Michelozzo nel cantiere del convento di San Girolamo a Velloso (1445) e di Antonio da San Galllo il vecchio, nella ristrutturazione della "Vendita" (attuale palazzo vescovile) potrebbe aver facilitato la diffusione dei modelli fiorentini: case e palazzi come quelli delle famiglie Pilastri, Ricciarelli, Minucci e Gherardi conoscono un rimodernamento delle facciate e un adeguamento delle antiche torri al nuovo gusto diffuso dalla città dominante.

 

Particolare del dipinto di Cristo in Gloria di Domenico Ghirlandaio

Nel 1530, in un'ultima disperata speranza di riacquistare le libertà perdute, Volterra si ribellò ai fiorentini in guerra con i Medici, alleandosi con questi ultimi, ma fu ripresa e nuovamente saccheggiata dal Ferrucci. Restaurati i Medici a Firenze, Volterra perse definitivamente la propria indipendenza, e divenne una delle città dello stato mediceo di cui seguì le sorti; ma con il dominio granducale inizia per Volterra e il suo territorio un perido di lenta ma progressiva decadenza che si protrarrà fino a tuto il XVIII sec.
La ripresa della lavorazione dell'alabastro verso la metà del XVI si realizzò quasi esclusivamente come fatto d'arte e non si orientò verso indirizzi commerciali. Anche il tessuto insediativo non mostra grosse trasformazioni; si possono trovare alcuni interventi di completamento, come palazzo Inghirami (facciata realizzata su progetto di Gherardo Silvani) e di nuove costruzioni soprattutto religiose, fra le quali spicca la riedificazione della chiesa dei SS. Giusto e Clemente.

dall'Ottocento ai giorni nostri

Foto storica di antica locomotiva alla stazione di Volterra

Verso la fine del XVIII sec. e nella prima metà del XIX sec. si registrano incrementi nell'agricoltura, nella commercializzazione dell'alabastro e un decisivo miglioramento nei collegamenti viari; l'abitato urbano è oggetto di un generale adeguamento e riordinamento: si ha la costruzione del teatro Persio Flacco (1819), l'apertura della passeggiata dei ponti e della nuova carrozzabile per le saline (1833) nonchè il restauro degli edifici posti nella piazza dei Priori (1846).

Nella seconda metà del secolo, dopo l'unità d'Italia, a parte alcune ristrutturazioni degli spazi all'interno del centro storico per far posto agli uffici del nuovo regno, l'intervento di maggior rilievo è la creazione dell'ospedale psichiatrico (1888). Infine il 13 marzo 1860 con 2315 voti favorevoli, 44 dispersi e 78 contrari Volterra vota la sua annessione all'Italia unita, pagando il suo contributo di sangue sia all'edifiazione dell'unità nazionale nella guerra 1915-18 sia alla lotta di resistenza contro il fascismo. In passato l'economia del terrritorio si basava soprattutto sulla estrazione del rame, dell'allume, dell'alabastro e del sale che venivano lavorati nelle manifatture volterrane ed esportati.
Oggi, con l'emigrazione avvenuta nel secondo dopoguerra, l'industria si basa su piccole aziende artigianali per la lavorazione dell'alabastro, sull'estrazione del salgemma, su qualche industria metelmeccanica e chimica; la popolazione residente dalle 17840 unità nel 1951 è scesa a 13800 nel 1991.
Una delle fonti principali di reddito è attualmente il turismo: Volterra infatti è in grado di mostrare non solo i grandi monumenti che hanno caratterizzato i suoi 30 secoli di storia ma possiede e gelosamente conserva tre strutture museali di notevole interesse storico artistico, il Museo Guarnacci, la Civica Pinacoteca e il Museo Diocesiano di Arte Sacra.

 

 

Foto storica: antica bottega artigiana di alabastro

 

 


Cenni storici


San Gimignano si erge con il profilo delle sue torri, su di un colle (m.334) a dominio della Val dElsa. Sede di un piccolo villaggio etrusco del periodo ellenistico (III-II sec. a.C.) inziò la sua storia intorno al X secolo prendendo il nome del Santo Vescovo di Modena: San Gimignano, che avrebbe salvato il borgo dalle orde barbariche. Ebbe grande sviluppo durante il Medioevo grazie alla via Francigena che lo attraversava. Tantè che San Gimignano ebbe una straordinaria fioritura di opere darte che adornarono chiese e conventi. Nel 1199 divenne libero comune, combattè contro i Vescovi di Volterra ed i comuni limitrofi, patì lotte intestine dividendosi in due fazioni al seguito degli Ardinghelli (guelfi) e dei Salvucci (ghibellini). Lotto maggio 1300 ospitò Dante Alighieri, ambaciatore della lega guelfa in Toscana. La terribile peste del 1348 ed il successivo spopolamento gettarono San Gimignano in una grave crisi. La cittadina dovette perciò sottomettersi a Firenze. Dal degrado e abbandono dei secoli successivi si uscì soltanto quando si cominciò a riscoprire la bellezza della città, la sua importanza culturale e loriginaria identità agricola.


Itinerari artistici



Il Duomo o Chiesa Collegiata, consacrata nel 1148, strutturata su tre navate è arricchita da pregevoli affereschi di scuola senese: Vecchio e Nuovo Testamento (Bartolo di Fredi e "Bottega dei Memmi"); Giudizio Universale (Taddeo di Bartolo), opere di scuola fiorentina: Storie di Santa Fina (Ghirlandaio), San Sebastiano (Benozzo Gozzoli), Statue Lignee (Jacopo della Quercia) e sculture di Giuliano e Benedetto da Maiano. Tutto questo fà della Collegiata di San Gimignano un museo di grande prestigio.

Palazzo Comunale: Cortile e Sala di Dante con la Maestà di Lippo Memmi. Museo Civico e Pinacoteca con opere di Filippino Lippi, Pinturicchio,Benozzo Gozzoli, Domenico di Michelino, Pier Francesco Fiorentino, Sebastiano Mainardi, Lorenzo di Niccolò di Martino, Coppo di Marcovaldo ecc... Inoltre dal museo civico si può visitare la Torre Grossa o del Podestà costruita nel 1311 ed alta 54 metri.

Museo darte Sacra: Tele, tavole e frammenti lapidei provenienti da chiese e conventi soppressi. Argenterie, corali e vesti liturgiche.

Museo Archeologico reperti archeologici etruschi, romani e medioevali provenienti da scavi e ritrovamenti nel territorio comunale.Spezieria di Santa Fina, materiale proveniente dalla Spezieria dello Spedale di Santa Fina, che riproduce lantica farmacia, con i contenitori di ceramica e vetro ed i medicamenti.  Galleria di Arte Moderna e Contemporanea R. De Gradaimportante spazio espositivo della città.

Chiesa di SantAgostino: Storie di SantAgostino (Benozzo Gozzoli) resti di affreschi trecenteschi, tavole e tele di autori diversi (Benozzo Gozzoli, Piero del Pollaiolo, Pier Francesco Fiorentino, Vincenzo Tamagni, Sebastiano Mainardi). Cappella di Santo Bartolo(Benedetto da Maiano).

Chiese minori: Santo Bartolo, S. Jacopo, San Piero, San Francesco (resti), S.Lorenzo in Ponte.

E ancora:

Museo Ornitologico.

Fonti Medioevali

Rocca di Montestaffoli.

La Storia di Massa Marittima

Dalla preistoria al Mille

Nelle caverne delle Tane e di Pianizzoli sono stati rinvenuti reperti che attestano la presenza umana in età paleolitica, neolitica ed eneolitica.

La zona fu abitata anche in epoca etrusca: nel territorio di Massa Marittima, l'unico insediamento conosciuto è quello vicino al lago dell'Accesa (vedi "l'attività mineraria dagli Etrushi al Novecento"); i reperti provenienti da altre aree, infatti, non hanno evidenziato la presenza di altri centri abitati. Attualmente non ci sono elementi per ritenere che sia esistita una città etrusca nell'attuale sito di Massa; a tal proposito, alcuni storici dell'Ottocento hanno indagato riguardo alla possibile identificazione dell'antica città etrusca di Vetulonia in Massa Marittima. Isidoro Falchi, nel 1887, identificò Vetulonia nel poggio di Colonna (presso Buriano), però sorsero altri interrogativi dopo il rinvenimento, a Poggio Castiglione, di una moneta con la scritta "Vatl" o "Vatu" (Vetulonia). Allo stato attuale degli studi, è credibile che siano esistite due città chiamate entrambe "Vetulonia", identificabili a Colonna (successivamente rinominata Vetulonia) e a Poggio Castiglione.

Massa Veternense o Vetuloniense

Non è possibile stabilire la precisa origine di questa città, perché la sua antica storia è piena di lacune e di oscurità. Le prime testimonianze dell'esistenza di Massa risalgono all'epoca romanica (X sec.), sulla base di reperti archeologici ritrovati ai piedi del colle, lato ovest, dove sorge l'odierna città, nella zona denominata Massa Vecchia. Ci sono anche testimonianze legate alla tradizione, secondo la quale l'imperatore Gallo Cesare Triboniano sarebbe nato, verso la metà del IV sec., a Massa Veternensis (che potrebbe essere l'alterazione del nome Vetuloniensis). Questo primo nucleo si sarebbe successivamente spostato sul colle, nel Medioevo, quando la Diocesi di Populonia si trasferì prima a Vignale, poi a Massa, a causa dell'invasione del pirati. Il trasferimento della Diocesi, avvenuto secondo fonti tradizionali nel 756, è attestato solo con un documento del 1062.


(antica litografia sec. XIX: Palazzo del Podestà o Pretorio)

La Storia di Massa Marittima

Periodo mediceo e lorenese (1560-1861)

Con la pace di Cateau-Cambresis (1559), fu stabilito il passaggio dello Stato di Siena nel Granducato mediceo, portando profonde trasformazioni nell'organizzazione giurisdizionale del territorio senese, ma non cambiamenti significativi nella struttura delle Comunità in genere e di Massa in particolare, che continuò a reggersi con i propri statuti e a godere degli antichi privilegi. Per la prima volta, tuttavia, nello Stato Senese, come conseguenza della politica di accentramento praticata da Cosimo I, viene istituito un organo specifico di controllo delle Comunità, affidato al Cancelliere comunitativo.

Il Duca Cosimo I dei Medici ed i suoi successori elaborarono interventi volti a favorire la ripresa economica della zona: ripopolamento attraverso l'invio di famiglie di coloni, incentivi per favorire l'immigrazione e bonifica della palude di Ghirlanda, completata nel 1605, da cui principalmente dipendeva la diffusione della malaria. Misure ed interventi che non diedero i risultati sperati, al punto che nel 1737, quando si estinse la dinastia dei Medici, a Massa abitavano solamente 527 persone e solo 26 poderi erano attivi in tutto il suo vasto territorio. Quella che segue è appunto la desolazione del "cadavere di città" descritta nel 1742 nelle sue Relazioni da Giovanni Targioni Tozzetti:

"Certamente non si possono riguardare senza compassione i residui della sua antica magnificenza, ed un forestiere non può passeggiare senza timore che gli rovini addosso qualche casa, o che gli venga una qualche febbre maremmana, ed è noto l'espressivo proverbio: Massa, guarda, e passa! [...] La campagna è un deserto, la città è talmente piena di rovine e desolata che fa pietà. Nell'interno vi abitano forse mille persone, la maggior parte delle quali sono forestiere, ma nell'estate non vi restano forse solo 300 [...]"

Più efficaci e durature furono invece le politiche attuate dai Lorena, cui passò il Granducato di Toscana nel 1737. Francesco III cercò di favorire la ripresa dell'agricoltura con l'invio di gruppi di famiglie di coloni originari della Lorena, che furono però decimati dalla malaria (grave malattia trasmessa dalla "zanzara anofele", che trova il suo habitat nei terreni paludosi). Pietro Leopoldo, che nel 1766 aveva proclamato Massa uno dei quattro capitanati della Maremma (insieme a Grosseto, Arcidosso, Sovana) e che nel 1770 la aveva personalmente visitata, vi inviò il celebre matematico Leonardo Ximenes, perché elaborasse un organico piano di bonifica. Dopo la pausa della dominazione francese (1799-1814), Leopoldo II continuò la politica di risanamento territoriale dei suoi predecessori. Il Granduca visitò più volte la città, ordinò l'ampliamento dell'ospedale e, avvalendosi del suo consigliere minerario, Theodor Haupt, favorì la ripresa delle attività minerarie nella zona.


(antica litografia sec. XIX: antico palazzo senatorio della Repubblica Massana, oggi Palazzo Comunale)

La Storia di Massa Marittima

Massa Marittima nel Risorgimento nazionale

Le vicende risorgimentali massetane possono essere ampiamente riassunte nella cifra dei suoi volontari accorsi alle guerre d'indipendenza nazionali. Oltre 400 furono infatti i giovani che a partire da Curtatone e Montanara contribuirono, talora col sacrificio della vita, alla nascita dell'Italia contemporanea. Il titolo di "Brescia Maremmana", dato a Massa Marittima da Giuseppe Garibaldi, suo cittadino onorario (1861), illumina una partecipazione attivissima alla costruzione della nazione italiana, che vide i cittadini massetani presenti sui campi di battaglia del 1848-'49, del '59, del '60, del '62, del '66, del '67, del '70. Da Curtatone al Volturno, dalla spedizione Zambianchi a Farnese, da Mentana alla presa di Roma, dei massetani furono sempre presenti nelle tappe che rappresentano le pietre miliari della unificazione nazionale. Una presenza costante ovunque apparisse il mito e il richiamo irresistibile delle camicie rosse di Garibaldi, nume tutelare della democrazia massetana, a cui l'eroe fu sempre strettamente legato (fu infatti anche presidente onorario dell'Associazione cittadina dei reduci dalle patrie campagne).

Quella democrazia massetana a cui, tramite l'aiuto di Riccardo e Annibale Lapini, Biagio Serri e Domenico Verzera, Garibaldi dovette la vita durante l'ultimo tratto della avventurosa fuga del 1849 da Roma, prima di imbarcarsi nella rada di Calamartina verso la salvezza, sulla barca del capitano Paolo Azzarini. Ma anche una presenza, quella massetana nel Risorgimento nazionale, nata e coltivata con cura sin dai tempi della predicazione mazziniana, che ebbe sempre a Massa Marittima un fortissimo ascendente soprattutto su giovani studenti, piccoli artigiani, operai specializzati. Quella piccola borghesia che rappresenterà infatti, anche su scala nazionale, il terreno più fertile entro il quale la propaganda politica di Giuseppe Mazzini riuscirà ad avviare il lento e difficile processo di formazione della coscienza nazionale unitaria. Era seguendo questa via preferenziale che era arrivata a Massa la "Giovine Italia", introdotta dai fratelli studenti Riccardo e Annibale Lapini, e poi via via, seguendo le diramazioni che il partito democratico assumeva nelle sue componenti moderata e repubblicana intransigente, con l'evolversi della situazione politica italiana ed europea, la Società Nazionale con a capo Giovanni Morandini, i Comitati di Provvedimento per Roma e Venezia di Apollonio Apolloni, la Società Unitaria (1863) diretta sempre dall'Apolloni. Personaggio questo tra i più importanti del battagliero democraticismo massetano e maremmano, al quale si doveva anche l'organizzazione di quella società di mutuo soccorso, prima della provincia (1861), che fu la Fratellanza Artigiana, entro la quale i reduci mazziniani e garibaldini formeranno la coscienza politica repubblicana della gioventù massetana, con effetti durevoli sulla vita civile e politica cittadina fino agli anni del fascismo.

L'ingresso di Massa Marittima, con la Toscana, nell'Italia unitaria preludeva a profondi cambiamenti nel tessuto sociale ed economico della città. Proprio intorno a quegli anni si ponevano infatti le basi del passaggio da un'economia di dimensione precapitalistica e di piccola impresa ad una vera e propria dimensione industriale, con la coltivazione intensiva dei giacimenti minerari, che nel giro di pochi decenni influenzerà, oltre che i modi di vita della intera popolazione, anche i rapporti politici tra il nascente movimento operaio e gli eredi del repubblicanesimo mazziniano risorgimentale, rapporti che saranno il tema politico prevalente in città tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento.