LA POLENTA TARAGNA ED IL GRANO SARACENO

 

Quante volte l’abbiamo sentita nominare, quante volte l’abbiamo mangiata, quante volte abbiamo visto in vendita i pacchi di farina!

Ma quante volte ci siamo chiesti che cos’è e come è fatta?

Che tipo di farina si usa per farla?

Beh, proviamo a scoprirlo.

 

LA POLENTA

La prima coltivazione di mais a Lovere, in Val Camonica secondo la tradizione locale, giunse con l'importazione di 4 chicchi di granoturco dalle Americhe[senza fonte] da parte di Pietro Gajoncelli nel 1658.

La polenta taragna, in molte zone conosciuta come taragna, è una ricetta tipica della cucina valtellinese, camuna e delle valli bresciane e bergamasche. Il suo nome deriva dal tarai ("tarel"), un lungo bastone usato per mescolarla all'interno del paiolo di rame in cui veniva preparata. Come altre polente della montagna lombarda (ad esempio la pulénta vüncia, polenta uncia cioè unta), è preparata con una miscela contenente farina di grano saraceno, che le conferisce il tipico colore scuro, diversamente dalle preparazioni di altre regioni, che utilizzano un solo tipo di farina, ottenendo quindi una polenta gialla. A differenza dell'oncia, nella polenta taragna il formaggio viene incorporato durante la cottura.

Analizziamo ora la ricetta della Polenta Taragna, tipica della Valtellina, in Lombardia, dove la polenta è preparata con acqua e farina di grano saraceno come abbiamo detto. Il nome deriva dal bastone con il quale si mescolava la polenta nel paiolo, detto appunto tarél: questo per evitare che si attaccasse al fondo del paiolo.

INGREDIENTI: 350 gr. di farina di grano saraceno, 250 gr. di farina di granoturco, 300 gr. di formaggio valtellinese Scimut, 300 gr. di formaggio Talamona, 300 gr. di formaggio Bitto, 700 gr. di burro freschissimo, 50 gr. di pangrattato, sale

PREPARAZIONE: Per la buona riuscita di questa ricetta è essenziale adoperare utensili adatti alla bisogna. Per esempio per la cottura della polenta sarebbe importante riuscire a recuperare un paiolo di rame, questo perchè il rame assicura una distribuzione del calore uniforme permettendo una cottura pressoché perfetta. Una volta sistemato il nostro paiolo sul fuoco con dell'acqua salata aggiungiamo a freddo un terzo del panetto di burro. Una volta giunta la miscela di acqua e burro ad ebollizione aggiungere gradatamente (senza versarla tutta di un colpo!) la farina di granoturco e poi quella più scura di grano saraceno, avendo la massima cura di mescolare regolarmente e di eliminare ogni grumo che fatalmente si formerà. Dovremmo riuscire ad ottenere così un impasto omogeneo e di una certa consistenza (risulterà infatti quasi difficoltoso il solo mescolare ad un certo punto). La cottura dovrà durare non meno di un'ora, a fuoco moderato. A cottura quasi ultimata unire al composto il rimanente burro e il pangrattato. Un minuto prima di spegnere aggiungere infine anche tutto il formaggio tagliato a cubetti. Una volta che noterete che il formaggio è in buona fase di scioglimento (non ultimata però) spegnerete il fuoco e rovescerete la polenta su un ripiano di legno ricoperto da un panno umido. La polenta la servirete caldissima accompagnata con fette di lardo di Colonnata, o prosciutto crudo stagionato. Potete decorare a vostro piacimento con prezzemolo.

Per la Polenta Taragna si mettono in fila molti vini rossi che ben si sposano con il gusto dilagante di questa deliziosa ricetta, dovendo sceglierne uno direi un buon Cabernet.

 

IL GRANO SARACENO

GRANO SARACENO: STORIA, ORIGINI E CURIOSITA’

Il grano saraceno (Fagopyrum esculentum) è una pianta a fiore appartenente alla famiglia delle Polygonaceae. Il nome scientifico, Fagopyrum deriva dalla combinazione del latino fagus (con il faggio ha in comune la forma assai caratteristica dei semi triangolari) e gal greco piròs (come dai semi del frumento anche dai semi del grano saraceno si ricava una farina). A causa delle sue caratteristiche nutrizionali e dell’impiego alimentare, questo vegetale viene spesso collocato commercialmente, tra i cereali, nonostante tale classificazione sia scientificamente impropria, non appartenendo il grano saraceno alla famiglia delle Graminacee.

Origini: è una pianta spontanea nelle zone della Siberia e della Manciuria. La coltura si è propagata in Cina nel X secolo e in Occidente durante il Medioevo. Ci sono diverse fonti di pensiero sul modo in cui è avvenuta la sua propagazione, ma fra tutte due risultano le più accreditate. Secondo il primo filone, i Turchi avrebbero introdotto la pianta in Grecia e nelle penisola balcanica, e da questo deriverebbe il nome grano saraceno, ossia grano dei turchi o dei saraceni. La seconda teoria sostiene che la diffusione sia avvenuta attraverso l’Asia e l’Europa del Nord ad opera delle migrazioni dei popoli mongoli che, dalla Russia meridionale, portarono il grano fino alla Polonia e alla Germania, da dove si sarebbe diffuso nel resto d’Europa. E’ probabile che entrambe le tesi siano valide e che la propagazione sia avvenuta contemporaneamente sia da Nord che da Sud.

Coltivazione: il grano saraceno sopporta male il freddo, e pertanto esige di essere coltivato nella stagione primaverile – estiva durante la quale esso riesce a svolgere rapidamente il proprio ciclo biologico. Per quanto nei paesi del Nord Europa questa pianta compaia come coltura principale, in Italia rappresenta soprattutto una coltura intercalare praticata dopo un cereale autunnoinvernale, come per esempio la segale o più raramente il frumento.

Utilizzo: i semi triangolari vengono utilizzati come foraggio per animali d’allevamento, o macinati e ridotti in farina per uso alimentare. Le piante intere vengono anch’esse impiegate dagli allevatori come foraggio o lettiera per il bestiame. Inoltre, dai fiori del grano saraceno le api ottengono un miele scuro e molto saporito.

Il grano saraceno si distingue dai comuni cereali per l’elevato valore biologico delle sue proteine, che contengono gli otto aminoacidi essenziali in proporzione ottimale, mentre i “cereali veri” (il grano saraceno, a dispetto del nome, non è un cereale) contengono poca lisina. Rispetto alla farina di frumento, quella di grano saraceno è priva di glutine ed è quindi adatta per i soggetti celiaci. Il grano saraceno è una buona fonte di fibre e di minerali, soprattutto manganese e magnesio.

DA TUTTO QUESTO E’ EVIDENTE CHE IL GRANO SARACENO E’ NOSTRO CIBO DA MOLTO PIU’ TEMPO CHE IL GRANTURCO E CHE LA POLENTA DI GRANO SARACENO VENIVA FATTA MOLTO PRIMA CHE NON LA POLENTA NORMALE

Fagopyrum esculentum

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Grano saraceno

Fagopyrum esculentum1.jpg
Fioritura del grano saraceno

 

Classificazione scientifica

 

Nomenclatura binomiale

Fagopyrum esculentum

 

 

Il grano saraceno (Fagopyrum esculentum) è una specie di pianta a fiore appartenente alla famiglia delle Polygonaceae. Il nome scientifico, Fagopyrum deriva dalla combinazione del latino fagus(faggio) per via degli acheni triangolari affini e dal greco piròs (frumento). E’ una pianta erbacea, annuale, compie il suo ciclo biologico in 80-120 giorni. Raggiunge un’altezza che varia a seconda delle specie dai 60 ai 120 centimetri.

A causa delle sue caratteristiche nutrizionali e dell’impiego alimentare, questo vegetale viene spesso collocato, commercialmente, tra i cereali, nonostante tale classificazione sia scientificamente impropria, non appartenendo il grano saraceno alla famiglia delle Graminacee.

 

 

Morfologia

L’apparato radicale fascicolato è composto da radici poco sviluppate; il fusto cilindrico, glabro; il culmo principale presenta diversi rami con infiorescenza apicale, presenta un colore che va dal verde all’inizio del ciclo per poi virare verso il rosso al momento della maturazione e della morte della pianta; il numero di culmi dipende soprattutto dalla fertilità del terreno e dalla densità di semina. Le foglie ovato-triangolari acuminate, alterne, peduncolate alla base e sessili verso la parte distale della pianta. Le infiorescenze raccolte in panicoli laschi hanno fiori bianchi o rosa a seconda della varietà raccolte con calice formato da cinque sepali verdi. Gli stami sono otto, l’ovario è monospermo sormontato da uno stilo terminale con tre stigmi. Le piante sono auto sterili, l’impollinazione avviene in entomofilia o anemofile tra piante della stessa specie o tra piante di specie diverse. Il frutto è un achenio di forma triangolare ; il pericarpo può presentare un colore variante dal bruno al nero, più o meno lucido con eventuali screziature, avvolge l’endosperma e l’embrione composto da due cotiledoni.

Centro di addomesticazione

Tra Otto e Novecento si pensò che la pianta fosse originaria dell'area siberiana, perché diversi viaggiatori avevano trovato la pianta allo stato selvatico presso il Bajkal e sull'Amur. Più recentemente, alcuni ricercatori hanno evidenziato il ruolo dello Himalaya orientale come probabile centro di addomesticazione primario.

Usi alimentari

Si consuma nelle minestre, specialmente di verdure e, in forma di farina, per la polenta saracena, crespelle e la preparazione della pasta alimentare (famosi i pizzoccheri della Valtellina, la soba giapponese e i bliny (блины) russi) o anche come porridge come la kasha della cucina slava.

Grano saraceno

 

Chicchi di grano saraceno
(photo Christophe Moustier)

 

Acheni e chicchi di grano saraceno

 

Farina di grano saraceno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Illustrazione di F.esculentum